FLAVIO ALMERIGHI
(1959)
Flavio Almerighi è un poeta che si immette nella storia
passata e recente, registrandone le contraddizioni e gli eventi, con un acuto
occhio panoramico e perlustrativo. E lo
fa senza alcun discrimine, affidandosi esclusivamente ad un modello linguistico
di sintesi espressiva, con un immagazzinamento di fatti plurali e
autobiografici, biologicamente pulsanti all’interno di profonde aree percettive
risalenti in alto, come “effetto di superficie”.Ma ciò che più stupisce di
questo Autore e la distanza da qualsiasi inquinamento linguistico novecentesco,
che per sua fortuna, e anche per sua libera scelta, non lo investe attraverso i
canoni minimalistici ed egemonici, che
hanno ferito la poesia italiana. Fuori da questi organismi pluricellulari, egli
si misura con una categoria poetica che propone la sincerità e la verità,
fidandosi di questi ultimi parametri per
tonalizzare i versi, dando una giusta misura e oggettività, come in questa
recente raccolta: “Caleranno i vandali”, nella quale la registrazione del
vissuto, e le fughe e i ritorni di un IO intermittente, sono la chiave di volta
per accedere verso le sequenze memoriali e le risalite psichiche che danno
l’esatta dimensione di una realtà
strettamente connessa al poeta. Per questo suo costante avvicinarsi ad un World
life, in continua ipersecrezione, sta la cosmologia linguistica e poetica di
Almerighi, e la sua contemporaneità letteraria, fatta di punti di osservazione,
che centralizzano un discorso anche metafisico? assoggettando, con modalità
diverse e interpretative, vari universi esplorati in tutte le loro orbite e
Big-Crunch. Mario M. Gabriele.
Flavio Almerighi Due Poesie da "Caleranno i
Vandali"
(Samuele Editore, 2016)
"Di sette mattine"
di sette mattine
cinque sono sbagliate
due superflue.
Dai pomeriggi infiniti
al presente col fiato corto,
Auschwitz è più essenziale
il sud america un’illusione.
La sera grandina pietre dure,
si deve assecondare
l’arte da ergastolano,
attinge sonno
da programmi in replica.
"Memorie di un pulitore di carrozze"
sabato,
il sacco nero pesa vuoto
come la notte intorno,
trovo inutile controllare l’ora
come qualche raro viaggiatore
fa con l’unica voglia di partire
senza dire dove scenderà
le tendine ferme
divaricate poco più chiare
la stagione infinita,
io non godo le stelle
all’uscita prendo un po’ d’aria
prima di un’altra vettura
l’ultima parte per prima,
debbo smontare in fretta
non mi armo, me ne andrò
con la mia raccolta
di vuoti a perdere.
I bambini dormono
offesi perché nati,
sono qui e immagino
che non è finita,
l’anima nel sacco nero
conserva leggerezza
sotto le spalle indolenzite.
Commento di Giorgio Linguaglossa
Almerighi fa una poesia della «buona notte», appena
dietro il paravento del suo verseggiare stralunato e derisorio; qui ci sta
tutta la drammaticità del nostro modo, del nostro fare poesia, l'incapacità,
l'impossibilità di esperire una «esperienza», di identificare una esperienza,
quella cosa che guizza via dalle mani come un pesce appena credi di averla
agguantata. E, si sa che l'«esperienza» è, tra i concetti filosofici, quello
meno filosoficamente rischiarato. Che cos'è l'esperienza? Mistero fitto. Quali
sono i suoi confini? Quando può dirsi che noi facciamo veramente una
«esperienza»? In fin dei conti, la poesia non è altro che il resoconto
stenografico di una «esperienza» e di un «evento»...
Commento di Mario M. Gabriele
Ci sono in queste due poesie, alcuni momenti di
riflessione e di forte energia critica che si concretizzano come in questi brevi
versi:"I bambini dormono / offesi perché nati./ E che aprono il fascicolo
delle colpe esistenziali, immettendosi in un maledettismo universale, che non
ha sbocchi salvifici o metafisici. E' la particolare osservazione critica
concepita con un montaggio sapiente di pochissimi elementi mobili,
interscambiabili e dislocati nell'espansione di un discorso sintetico,
fulminante, dove la parola è essenziale e sintesi di un concretismo reale.e di
perentorietà espressiva, in cui anche la forma chiusa del linguaggio ha una
spinta in avanti verso il contatto fluido con il lettore.
da CALERANO I VANDALI (Samuele editore, 2016)
"Parole molto importanti"
Gentile signore, sono state
dette parole molto importanti
su declino e ideologia
mentre preti addestrati
spandono unicamente vanità,
l’indirizzano ebbri di strazio
a noi, naufraghi come siamo
di un battello immenso
invasi, sicuri di non tornare.
Certo non le chiedo come
il sonno di Dio generi religioni notti vigili e dogmi
secondari.
Caro signore,
questo parco è sole entrate
dove anni vegliano
l’ombra rimasta sotto i piedi.
Un giorno qui
saranno altre strade
senza asilo, esito,
speranze fresche di divorzio.
Rimanga incupito allora,
osservi il suo presepio
ridursi a nucleo orfanile
di sorprendente longevità.
*
"La domenica"
Papà ha preso la paga,
è andato al cimitero
per sentirsi solo, e io
non ho fatto i compiti.
Mi lascio qui, vuota
in cerca del passaggio
e del primo piede
da mettere fuori.
La mia domenica
torna a casa presto
dopo una sosta, prima
di rifare la settimana.
Commento impolitico di Giorgio Linguaglossa
Nella poesia di Flavio Almerighi la tradizionale
struttura gerarchica dei parametri compositivi (la concatenazione paratattica,
quella ipotattica, la metafora, la metonimia, il parlato, il ready made, il
commento, il discorso, il meta discorso etc.) che pone al primo posto per
importanza, ad esempio, il «parlato» e che relega a un ruolo secondario tutto
il resto, ad esempio l’intensità e il timbro delle parole, viene ribaltata. In
questo concetto di strutturazione gerarchica degli elementi compositivi non ha
importanza quale parola debba essere pronunciata, né la sua concatenazione o la
sua posizione nella frase, né la sua durata (se sia cioè breve o lunga o in un
qualsiasi rapporto temporale con un’altra parola), o il suo significato; ad
avere importanza è invece il suo aspetto di sorpresa, il suo aspetto filmico,
la sua collocazione registrica all'interno della composizione e, soprattutto,
il suo attacco, che dev’essere, per così dire, privo di origine e di nesso
causale.
L'effetto più illuminante di queste poesie è la
collocazione di schegge psicoestetiche, che vanno ad incidere lo spazio del
vissuto, con una soggettività quasi critica, in rapporto agli aspetti
eterogenei di una realtà plurifacciale, esposta con sintetica granulazione
linguistica.
NEL NOME DEL PANE
Antonio nel nome del pane
si alza ogni giorno
e muore la notte senza riposo
spunta, rinasce bavero
contro la forza del vento
Antonio nel nome del pane
la vita inverna presto, sapessi
quanto ho vegliato i tuoi ritorni
ma certe brutte strade
portano soltanto via.
Reclusi da un lavoro infinito
se finisce
chiudiamo anche noi,
ai pochi figli avuti
non daremo più quel nome,
si deve saper lasciare,
se non ti chiamassi pane
ti chiameresti Antonio
sconfinato come gioie,
fuggito per trovare amore