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mercoledì 3 febbraio 2010

POESIA ITALIANA
MARIO M. GABRIELE
(1940)
1
Il viaggio é low cost,
con bassa cabina e senza moli
in un giorno di sopportabile follia,
verso un altro cielo, un’altra terra,
come dice padre Mills
nella sua chiesetta di campagna,
affollata la domenica,
per il battesimo dell’acqua
e il kyrie eleison ai morti diJabalia
finché durerà la terra, seme e messe,
e giorno e notte non cesseranno;
i lieviti dell’anima mai maturati a pane,
poco chiari la via e l’indirizzo,
(immensamente vaghi),
forse occorreva una schiera di trapassati
a diradare la nebbia dei nostri porti,
oh mes amis che origliate
il fruscio delle comete,
dite ai vivi che restano in città
di pensare un poco a Carol e Jodie
e a miss Rottenmeier di Dusseldorf
che non hanno mai amato il buio della notte
né la polvere dei millenni!
Il viaggio è low cost
con bassa cabina e senza moli.
Prima o poi sapranno
cos’è l’incantevole leggerezza della vita,
al largo dei carriaggi e di qualche piccola lumiére.
2
E’tardi, Daisy, quasi mezzanotte!
Non c’è più tempo per il breakfast,
cercare l’elisir di lunga vita,
uno stradivario per la fine
nella scorribanda d’aprile.

Ci minacciano le centurie, i codici del Louvre,
il tight nell’armadio stile liberty,
mentre esondano i fiumi sui morti già spogli.

L'anno scorso, a Portsmouth, Miss Winter
cercava, tra ruderi e radici,
come nella piana di Giza,
le nostre assenze già scritte.

Oh Moses, chi colse l’erba nei giardini d’Engaddì
non nutriva sospetti: aveva mani e cuore da hidalgo
come le figlie di Jerusalem!
Ma sentire Kaminskj parlare di tavole scisse,
é non vedere la primavera
tra rappresaglie di vento e di gelo.

E sono queste le sere che ci danno più pena,
oh Daisy dai colori dell’alba svaniti,
tu, eclissi di luna: mio sepolcro di neve!

3
E ora che dalle terre di pianura ai boschi autunnali
nessuno più si aspetta miracoli dall’aloe,
che sarà del fumo delle carbonaie
nei giorni che s’intrecciano
come gambi di bouquet?

Doveva essere una sera di repertori
più che di totale cecità.

Tosh tirò dritto per la sua strada
dimenticando il passato,
profumo di talco e d’elicriso,
prima di riordinare sangue e ossa,
fiumi d’anni e d’erbaspada,
tenere a bada il flusso dell’anima
risalito in un bookshop di periferia,
mentre cercavamo
Le passage de commerce Saint Andre di Balthus
e la neve cancellava la città e il suo limite,
i morti per acqua e solitudine.

Fu allora che ci avviammo fuori pista,
dopo il disegno dello sciamano,
antico, quanto il mondo,
dove il silenzio è ouverture sui marmi
quando tornano i passeggeri di novembre
a ravvivare mammole, sorrisi sbiaditi:
il double face della vita,
rassegnata a se stessa.

(inedito 2010)
Mario M. Gabriele
4
Coprilo di terra il passo mai fatto. Sognalo,
di rimpianto in rimpianto, il lampo che non verrà.

Un freddo balcanico si è fermato
alle porte di Minsk, così che l’inverno
è stato davvero amico delle foglie.

A sentire Wilson non c’è alba
che sia più oscura della sera,
né attimo che duri più di un ricordo.

Cadono a pioggia i giorni del Capricorno.
Si nutrono di terra gli umidi inganni.
Ma ti pare, Wilson, che tutto questo
sia soave tempesta?

Dura l’ombra delle querce
sui nudi rami di gennaio
e sull’epigrafe – di Isabel e di Oliveira:
Que Seya Eterno! Meu Amor!-

Così si ricordano i morti,
il mistero della separazione,
l’infanzia e l’esilio spirituale.

A volte rinascono nell’ampolla dei nostri sogni.
Oltrepassano guadi e canyions.
Se ne stanno muti come Cecil
e i pallidi ghosts nell’oscurità dell’assenza,
dove fanno lumicino Fanny e Annabel,
e la Granduchessa di Swedenborg

Ed è grazia sottile rivedere le erbe d’aprile
cingere il fiume salato dei vivi,
fino alla bottega di Wanderbitt
e di Edwards,
ultimi writers e poeti,
troppo vecchi per parlare di Dio.
(Inediti 2010)
Mario M. Gabriele
POESIA INGLESE
KATE CLANCHY
(1965)


Patagonia


Dissi forse la Patagonia, e immaginavo
una penisola, grande abbastanza
per un paio di sedie a sdraio
su cui dondolare nell’alta marea. Pensavo

a noi in un freddo mozzafiato, davanti
a un orizzonte tondo come una moneta, avvolti
nell’intreccio del ripiglino che i gabbiani giocano
dal mare fino al sole. Pensavo di aspettare

finché le onde non si fossero addormentate
dalla noia, finché gli ultimi cirripedi
ancora aggrappati,
preoccupati dal silenzio, non si fossero
allontanati ai remi di piccole piroghe, finché

quegli uccelli inquieti, le tue mani d’attore,
non ti fossero caduti esausti in grembo,
finché, finalmente, non ti fossi rivolto a me.
Quando dissi Patagonia, volevo dire

cieli vuoti di un blu che fa male. Volevo dire
anni. Li volevo tutti con te.

Kate Clanchy
Traduzione di Giorgia Sensi Aa.Vv.,
Nuove poesie d’amorea cura di Angela Urbano, Crocetti Editore 2010