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mercoledì 25 maggio 2016

FLAVIO ALMERIGHI - Poesia italiana


FLAVIO ALMERIGHI
(1959)


Flavio Almerighi è un poeta che si immette nella storia passata e recente, registrandone le contraddizioni e gli eventi, con un acuto occhio panoramico e  perlustrativo. E lo fa senza alcun discrimine, affidandosi esclusivamente ad un modello linguistico di sintesi espressiva, con un immagazzinamento di fatti plurali e autobiografici, biologicamente pulsanti all’interno di profonde aree percettive risalenti in alto, come “effetto di superficie”.Ma ciò che più stupisce di questo Autore e la distanza da qualsiasi inquinamento linguistico novecentesco, che per sua fortuna, e anche per sua libera scelta, non lo investe attraverso i canoni  minimalistici ed egemonici, che hanno ferito la poesia italiana. Fuori da questi organismi pluricellulari, egli si misura con una categoria poetica che propone la sincerità e la verità, fidandosi di questi ultimi  parametri per tonalizzare i versi, dando una giusta misura e oggettività, come in questa recente raccolta: “Caleranno i vandali”, nella quale la registrazione del vissuto, e le fughe e i ritorni di un IO intermittente, sono la chiave di volta per accedere verso le sequenze memoriali e le risalite psichiche che danno l’esatta  dimensione di una realtà strettamente connessa al poeta. Per questo suo costante avvicinarsi ad un World life, in continua ipersecrezione, sta la cosmologia linguistica e poetica di Almerighi, e la sua contemporaneità letteraria, fatta di punti di osservazione, che centralizzano un discorso anche metafisico? assoggettando, con modalità diverse e interpretative, vari universi esplorati in tutte le loro orbite e Big-Crunch. Mario M. Gabriele.


Flavio Almerighi Due Poesie da "Caleranno i Vandali"
(Samuele Editore, 2016)

"Di sette mattine"

di sette mattine
cinque sono sbagliate
due superflue.
Dai pomeriggi infiniti
al presente col fiato corto,
Auschwitz è più essenziale
il sud america un’illusione.
La sera grandina pietre dure,
si deve assecondare
l’arte da ergastolano,
attinge sonno
da programmi in replica.

"Memorie di un pulitore di carrozze"

sabato,
il sacco nero pesa vuoto
come la notte intorno,
trovo inutile controllare l’ora
come qualche raro viaggiatore
fa con l’unica voglia di partire
senza dire dove scenderà
le tendine ferme
divaricate poco più chiare
la stagione infinita,
io non godo le stelle
all’uscita prendo un po’ d’aria
prima di un’altra vettura
l’ultima parte per prima,
debbo smontare in fretta
non mi armo, me ne andrò
con la mia raccolta
di vuoti a perdere.
I bambini dormono
offesi perché nati,
sono qui e immagino
che non è finita,
l’anima nel sacco nero
conserva leggerezza
sotto le spalle indolenzite.

Commento di Giorgio Linguaglossa

Almerighi fa una poesia della «buona notte», appena dietro il paravento del suo verseggiare stralunato e derisorio; qui ci sta tutta la drammaticità del nostro modo, del nostro fare poesia, l'incapacità, l'impossibilità di esperire una «esperienza», di identificare una esperienza, quella cosa che guizza via dalle mani come un pesce appena credi di averla agguantata. E, si sa che l'«esperienza» è, tra i concetti filosofici, quello meno filosoficamente rischiarato. Che cos'è l'esperienza? Mistero fitto. Quali sono i suoi confini? Quando può dirsi che noi facciamo veramente una «esperienza»? In fin dei conti, la poesia non è altro che il resoconto stenografico di una «esperienza» e di un «evento»...

Commento di Mario M. Gabriele

Ci sono in queste due poesie, alcuni momenti di riflessione e di forte energia critica che si concretizzano come in questi brevi versi:"I bambini dormono / offesi perché nati./ E che aprono il fascicolo delle colpe esistenziali, immettendosi in un maledettismo universale, che non ha sbocchi salvifici o metafisici. E' la particolare osservazione critica concepita con un montaggio sapiente di pochissimi elementi mobili, interscambiabili e dislocati nell'espansione di un discorso sintetico, fulminante, dove la parola è essenziale e sintesi di un concretismo reale.e di perentorietà espressiva, in cui anche la forma chiusa del linguaggio ha una spinta in avanti verso il contatto fluido con il lettore.

da CALERANO I VANDALI (Samuele editore, 2016)

"Parole molto importanti"

Gentile signore, sono state
dette parole molto importanti
su declino e ideologia
mentre preti addestrati
spandono unicamente vanità,
l’indirizzano ebbri di strazio
a noi, naufraghi come siamo
di un battello immenso
invasi, sicuri di non tornare.
Certo non le chiedo come
il sonno di Dio generi religioni notti vigili e dogmi secondari.
Caro signore,
questo parco è sole entrate
dove anni vegliano
l’ombra rimasta sotto i piedi.
Un giorno qui
saranno altre strade
senza asilo, esito,
speranze fresche di divorzio.
Rimanga incupito allora,
osservi il suo presepio
ridursi a nucleo orfanile
di sorprendente longevità.

*
"La domenica"

Papà ha preso la paga,
è andato al cimitero
per sentirsi solo, e io
non ho fatto i compiti.
Mi lascio qui, vuota
in cerca del passaggio
e del primo piede
da mettere fuori.
La mia domenica
torna a casa presto
dopo una sosta, prima
di rifare la settimana.

Commento impolitico di Giorgio Linguaglossa

Nella poesia di Flavio Almerighi la tradizionale struttura gerarchica dei parametri compositivi (la concatenazione paratattica, quella ipotattica, la metafora, la metonimia, il parlato, il ready made, il commento, il discorso, il meta discorso etc.) che pone al primo posto per importanza, ad esempio, il «parlato» e che relega a un ruolo secondario tutto il resto, ad esempio l’intensità e il timbro delle parole, viene ribaltata. In questo concetto di strutturazione gerarchica degli elementi compositivi non ha importanza quale parola debba essere pronunciata, né la sua concatenazione o la sua posizione nella frase, né la sua durata (se sia cioè breve o lunga o in un qualsiasi rapporto temporale con un’altra parola), o il suo significato; ad avere importanza è invece il suo aspetto di sorpresa, il suo aspetto filmico, la sua collocazione registrica all'interno della composizione e, soprattutto, il suo attacco, che dev’essere, per così dire, privo di origine e di nesso causale.

 Commento di Mario M. Gabriele

L'effetto più illuminante di queste poesie è la collocazione di schegge psicoestetiche, che vanno ad incidere lo spazio del vissuto, con una soggettività quasi critica, in rapporto agli aspetti eterogenei di una realtà plurifacciale, esposta con sintetica granulazione linguistica.


NEL NOME DEL PANE

Antonio nel nome del pane
si alza ogni giorno
e muore la notte senza riposo
spunta, rinasce bavero
contro la forza del vento
Antonio nel nome del pane
la vita inverna presto, sapessi
quanto ho vegliato i tuoi ritorni
ma certe brutte strade
portano soltanto via.
Reclusi da un lavoro infinito
se finisce
chiudiamo anche noi,
ai pochi figli avuti
non daremo più quel nome,
si deve saper lasciare,
se non ti chiamassi pane
ti chiameresti Antonio
sconfinato come gioie,
fuggito per trovare amore










martedì 10 maggio 2016

POESIA ITALIANA - UBALDO DEROBERTIS


UBALDO DEROBERTIS
(1942)



«La clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo
capovolta e tu con essa..
Friedrich Nietzsche: La gaia scienza
Ad immagine dell’infinito

La gravità zelante di un valletto, in ombra,
sul cono più alto, stagnante, ad ogni soprassalto.
Estraniato. Nella bonaccia. Sul palcoscenico di vetro
si illude di mandare fuori tempo il congegno.
Tempo rubato. Dilazionato.
All’improvviso si sente mancare la terra sotto i piedi,
mentre si avvicina alla gola che apre al sottomondo segreto,
non può tornare indietro, sospinto, a capofitto declina
in tante traiettorie frenetiche, sul fondo,
stilla come sangue da una stretta ferita,
scontroso, perché sa che non potrà abitare
le stesse posizioni ogni volta che la clessidra
sarà sovvertita.
Ma c’è qualcosa che lo umanizza,
che oltrepassa e trascende il tempo.
Perduto?
Ritrovato?
O un irreversibile salto verso il nulla?
E rovesciato, nell’aria, inizia un nuovo ciclo
verso un tempo nuovo di cui è arduo carpire l’intensità
di ciò che passa, o anche la tenuità,
difficile esibire immagini coerenti della nostra presenza,
scoprire un’effettiva, reale, misura interiore,
per comporre tutti questi frammenti(di sabbia)
in pensieri dicibili.
Dicci pure, Louis Borges: fu realmente di miele
l’ultima goccia attingibile della tua clessidra?
Premio di poesia Abano Terme



venerdì 6 maggio 2016

POESIA ITALIANA - GINO RAGO


GINO RAGO
(1950)

La donna innamorata non smette mai d’amare

Ora  Ecuba alza  i lamenti.
Un  corpo  più non risponde ai comandi del cuore.
La sua mente. La vita in frantumi.  L’anima.  
Il  fuoco.  Sul destino di  tutte le spose troiane.
Donne infelici . Né più capaci di canti di lotta.
Nascondono il pianto della  Regina privata del  trono.
Del  talamo. Delle  orazioni alle statue divine.
Noi  siamo qui per Ecuba.
La  ferma postura  nel  rapido scarto
dell’aggressione. Dettata forse dal Fato.
Grida nel  sangue l’ira di morte dei vincitori.

              ***                    ***

Tace la sposa  di Priamo. Pestata  dalla dura sorte.
Noi siamo qui per  Ecuba. Nella  furia dell’onda.
Sulla  nave travolta dai flutti. Nel mare avverso.
Il remo vira  d’un colpo la prua.  E’ la trama di Atena.
(La cavalla immortale.  Puledra  verginale.
Senza  giogo per l’acheo esperto d’inganni ).
Noi  siamo qui con Ecuba. Sotto il tragico peso
d’una  condanna:  essere schiava in casa di assassini.

                ***                 ***


La donna innamorata non smette mai d’amare.
Ecuba è dritta nei marosi. Troppo lunga è la notte senza luna.
Ma i fari degli occhi fanno viva luce. Ecuba compete con le stelle
nella  sventura ordita  dagli  dèi.

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COMMENTO DI MARIO M. GABRIELE

                                                                                 
Si è recentemente discusso su l’Ombra delle parole,  il Blog di Giorgio Linguaglossa, sull’uso dei frammenti in poesia, come alternativa al logos, ormai in fase di mineralizzazione. La dialettica intorno a questo tema, ha portato ad un risultato contraddittorio fra le parti dialoganti. Tuttavia, non è da escludere che la scrittura per frammenti, possa essere una proposta valida. Il caso in questione, è ripreso, con sorprendente vitalità da Gino Rago, che con il testo:La donna innamorata non smette mai di amare”, introduce la frammentazione con un sbocco naturale verso un discorso tipo “stop and go”. Lo scorciamento avviene attraverso  pause e ritmi  sostenuti da un abile e rilevante flusso di immagini, fatti ed eventi, tutti incasellati in un’unica cornice evocativa, che danno l’imprimatur a questo testo, decisamente classico e moderno. La poesia, da qualunque angolo la si pone, ha sempre rifrazioni che si Immettono nel circuito sensoriale del lettore, il quale ha la chiave per entrare nel mistero di un attimo, di una storia, o di una fenomenologia transitoria o permanente.