Cerca nel blog

sabato 17 settembre 2016

POESIA ITALIANA - GIORGIO LINGUAGLOSSA


GIORGIO LINGUAGLOSSA
(1949)



DUE POESIE INEDITE di GIORGIO LINGUAGLOSSA da Il tedio di Dio con il Commento di Mariella Colonna

El Aleph

Il Labirinto era una costruzione priva di sincerità, di simmetria,
creato per suscitare meraviglia e ritorsione negli uomini.
Nel pensiero dei selvaggi trogloditi, che lo eressero,
imperfettamente, nel suo centro, dicevano,
ruotasse El Aleph luminosissimo
che dà l'eterna felicità agli uomini che lo posseggono...
[...]
Fu così che tentai l'impresa della sua conquista.
Io, tribuno militare della legio Victrix,
abbandonai l'aquila imperiale, disertai, e mi inoltrai
nell'insondabile deserto con alcuni mercenari agiri.
Gli dèi plutonici non furono prodighi con la nostra audacia...
La siccità, l'angoscia e l'insonnia insinuarono il dubbio
nelle menti dei soldati minandone la tempra,
dissolvendone la ragione;
le febbri e gli dèi minori si impossessarono dei sopravvissuti...
[...]
Con pochi fedelissimi mi avventurai nel deserto dove gli uomini
furono preda dei coccodrilli famelici
e degli scorpioni che infestano quelle plaghe desolate.
[...]
Una mattina, gli uomini, arsi dalla follia e dalla sete,
si dileguarono, lasciandomi solo nel deserto.
Fu allora che aprii gli occhi. Vidi El Aleph sostare nell'aria,
luminosissimo... ruotava sul proprio asse emettendo
una luce irreplicabile...

Allora compresi che il Labirinto era nient'altro
che il deserto, e che la Città degli Immortali era una idea folle
inventata dai saggi trogloditi per fuorviare e
ingannare gli uomini...


Gli ozi di Berenice

I soldati rinvenirono pepite d'oro nel fiume degli ecatonchiri.
La febbre e la perfidia si impossessarono del loro animo.
Molti si gettarono in quel fiume.
Altri, presi da scelleratezza, disertavano le coorti
di stanza nella città.
Gli ozi di Berenice e un fiore misterioso affievolivano le loro menti.
Inutilmente feci accecare le guide mauritane.
Incauto, fui prodigo di algida severità.
Invano i soldati si spalmavano la cera nelle orecchie.
Molti si bendavano gli occhi per non vedere
il brillio delle pepite,
supplicavano di essere legati e imprigionati.
Chiedevano di essere frustigati.
Tutto fu inutile.
Vennero ingoiati dal deserto accecato di luce
e scomparvero.
Dove la luce è più alta.
Appresi allora che l'immaginazione è più forte della realtà,
e la menzogna più attendibile della verità.
Nel ricordo del sogno rammentai i Titani
dalle cento braccia, il loro canto sinuoso e arcaico,
che ci offrivano pepite d'oro a piene mani.
Compresi allora il dolore di Odisseo legato
all'albero maestro...



1) El Aleph - Quello che colpisce e sorprende, nel linguaggio poetico di Giorgio Linguaglossa, è la paradossale quanto ragionevole e coinvolgente sinergia tra realismo rigoroso e capacità visionaria. La singolare dote creativa di  saper coniugare e unire l’intuizione dell’impossibile alla concretezza dell’esistente è la chiave comunicativa e l’impronta che il poeta dà alla prima delle due poesie che presentiamo, El Aleph , legata all’ “aura” magica della frequentazione di Lingualossa all’opera e personalità di Borges. Con parole che includono l’ombra generata dalla stessa luce che emanano, Giorgio ci racconta una storia “autobiografica”, in cui ci investe e inonda delle proprie emozioni, ma è forse più esatto dire che è “come se” l’avesse vissuta davvero, in qualità “tribuno militare della legio Victrix”, dopo aver disertato e abbandonato le insegne della Roma imperiale. Il crescendo della tensione narrativa ci accompagna nel viaggio allucinante in un deserto dove la sete, l’avversione degli dei e soprattutto il fuoco solare insieme a mostruosi animali decimano il numero dei soldati al seguito: il legionario romano resta solo e raggiunge da eroe il luogo dove l’Aleph gli appare luminosissimo e sospeso nell’aria... il racconto ci coinvolge come drammaticamente vero, ma il poeta, con un colpo di scena finale nega, motivando, la verità e realtà di quanto ha prima narrato: e qui si accende nel lettore la lotta tra le parole e la loro ombra, tra il reale e l’immaginario. Ma è importante sottolineare che in questa poesia il reale non tradisce mai se stesso neppure quando è l’elemento base su cui l’immaginario si solleva e prende vita in tutta la sua potenza, come nel momento della visione dell’Aleph. Sconcertati, ci domandiamo se «i saggi trogloditi» ideatori de La città degli immortali fossero spregevoli falsari o potentissimi visionari-profeti. Credo che neppure il poeta possa o voglia saperlo, tanto le sue parole si distaccano da lui e vivono di vita propria...
2) Nella seconda poesia, Gli ozi di Berenice, Linguaglossa ci rappresenta con parole  e immagini-simbolo, preziosi frammenti di realtà  «storica» che si compongono come in un mosaico. E il lettore viene chiamato a vivere un’avventura sconvolgente che si conclude in modo tragico per i soldati per la loro frenesia nella ricerca dell’oro, ma anche per la misteriosa magia di un fiore. E’ notevole, qui, lo snodarsi delle parole sempre in crescendo, come dalle spire di un serpente che poi finisce per divorare gli infelici soldati. Una scheggia di mito come questa, si sa, ha quasi sempre un finale tragico: e, in questi versi, il mito accende i riflettori sull’influsso demoniaco che il potere dell’oro e del denaro esercita sugli uomini di tutti i tempi e in particolare sull’umanità di oggi. La conclusione sconcerta: la menzogna dunque ha più seguaci che non la verità? È vero, l’inganno satanico riduce l’uomo “in cenere”, ma l’uomo si potrà salvare finché poeti come Linguaglossa scriveranno versi da lanciare come giavellotti (e con sacrosanta violenza) verso le coscienze profondamente addormentate nel sonno della ragione. Ma che l’Immaginazione sia più forte della Ragione non dovrebbe dare scandalo, anzi: se la capacità di immaginare salva l’uomo dal nulla del pensiero unico e dai miti della falsa ragione, la Ragione vera non crea miti ma può andare d’amore e d’accordo anche con la vera Immaginazione.
Giorgio Linguaglossa è nato a Istanbul nel 1949 e vive e Roma. Nel 1992 pubblica Uccelli e nel 2000 Paradiso. Ha tradotto poeti inglesi, francesi e tedeschi tra cui Nelly Sachs e alcune poesie di Georg Trakl. Nel 1993 fonda il quadrimestrale di letteratura «Poiesis» che dal 1997 dirigerà fino al 2005. Nel 1995 firma con Giuseppe Pedota, Lisa Stace, Maria Rosaria Madonna e Giorgia Stecher il «Manifesto della Nuova Poesia Metafisica», pubblicato sul n. 7 di «Poiesis». È del 2002 Appunti Critici – La poesia italiana del tardo Novecento tra conformismi e nuove proposte. Nel 2005 pubblica il romanzo breve Ventiquattro tamponamenti prima di andare in ufficio. Nel 2006 pubblica la raccolta di poesia La Belligeranza del Tramonto. Nel 2007 pubblica Il minimalismo, ovvero il tentato omicidio della poesia in «Atti del Convegno: È morto il Novecento? Rileggiamo un secolo», Passigli, Firenze. Nel 2010 escono La Nuova Poesia Modernista Italiana (1980 – 2010) EdiLet, Roma, e il romanzo Ponzio PilatoMimesis, Milano Nel 2011, sempre per le edizioni EdiLet di Roma pubblica il saggio Dalla lirica al discorso poetico. Storia della Poesia italiana 1945 - 2010. Nel 2013 escono il libro di poesia Blumenbilder (natura morta con fiori), Passigli, Firenze, e il saggio critico Dopo il Novecento. Monitoraggio della poesia italiana contemporanea (2000 - 2013), Società Editrice Fiorentina, Firenze. Nel 2015 escono La filosofia del tè (Istruzioni sull'uso dell'autenticità) Ensemble, Roma, e Three Stills in the Frame Selected poems (1986-2014) Chelsea Editions, New York. Nel 2016 pubblica il romanzo 248 giorni con Achille e la Tartaruga. Ha fondato la Rivista Letteraria Internazionale lombradelleparole.wordpress.com  - Il suo sito personale è: www.giorgiolinguaglossa.com
e-mail: glinguaglossa@gmail.com

Mariella Colonna Filippone è nata a Roma dove vive con la famiglia. Nel 1989 vince il “Premio Italia RAI” con Un contrabbasso in cerca d’amore, musica di F. Petracchi (con L.Poli e G.Moschin). Sempre per RadioI scrive: La farfalla azzurra, Quindici parole per un coltello e Il tempo di una stella. Per il IV centenario Fatebenefratelli-Isola Tiberina è coautrice del testo teatrale La follia di Giovanni (Lucca, Premio Nazionale Teatro Sacro a confronto), realizzato e trasmesso da RAI 3 nell‘86. Coautrice del testo e video Costellazioni, gioco dei racconti infiniti in parole e immagini (Ed.Armando/Ist.Luce). Nella collana “Città immateriale” ed.Marcon, pubblica Fuga dal Paradiso. Immagine e comunicazione nella Città del futuro Nel 2008 pubblica Guerrigliera del sole nella collana “I libri di Emil”, ed.Odoya, nel 2010  Dove Dio ci nasconde, ed. Albatros, nel 2011 Due cuori per una Regina, ed.Guida (coautrice insieme al marito Mario Colonna), nel 2013 L’innocenza del mare (Europa edizioni), Nel 2014  Paradiso vuol dire giardino, ed.Simple.