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giovedì 11 dicembre 2008

GIORGIO SEFERIS
(1900-1971)


La casa vicino al mare

Le case che avevo me l’hanno prese. Capitarono
Annate bisestili, guerre disastri deportazioni;
a volte il cacciatore incontra uccelli di passo
a volte non incontra; la caccia
era buona ai tempi miei; quante vittime fecero le pallottole;
gli altri vanno qua e là o impazziscono nei rifugi.

Non parlarmi dell’usignolo né dell’allodola
neppure della piccola cutrettola
che disegna cifre con la coda alla luce;
non so molto di case
so che appartengono ad una razza e nient’altro.
Sono nuove da principio, come bambini
che giocano al giardino con le frange del sole,
ricamano scuri di finestre variopinti e porte
tirate a lustro sullo sfondo della giornata;
quando l’architetto le ha finite esse cambiano,
s’aggrinzano e sorridono oppure fanno dispetti
a chi ci è rimasto a chi è partito
a chi sarebbe tornato potendolo fare
o è sparito ora che il mondo intero
è diventato un grande albergo.

Non so molto di case,
ricordo la loro gioia e la loro tristezza
talvolta, quando mi fermo;
o anche
talvolta, vicino al mare, in camere spoglie
con un letto di ferro senza nulla di mio
fissando il ragno della sera mi figuro
che qualcuno sta per venire, lo vestono
di abeti neri e bianchi e di monili colorati
e intorno a lui parlano a bassa voce dame venerande,
capelli grigi e merletti scuri,
che sta per venire a darmi l’addio;
oppure una donna dalla cintola profonda che batte le ciglia
al ritorno da porti meridionali.
Smirne Rodi Siracusa Alessandria,
da città chiuse come imposte calde,
con profumi di frutti d’oro e di erbe,
mentre sale i gradini senza guardare
quanti s’addormentarono sotto la scala.

Sai, le case fanno dispetti volentieri, se tu le spogli.
Giorgio Seferis

(Traduzione di Mario Vitti da: Kichli, su Poesia, anno III, numero 25, gennaio 1990, Crocetti Editore)


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