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sabato 7 febbraio 2009


CANTICO DEI CANTICI
Scena Quinta
La sposa
Dormivo, ma il mio cuore vigilava
(mi ascoltavo dormire).
Una voce! Era lui, era il mio diletto
che un po’ chiamava e un poco picchiettava.
Diceva- o era un sogno?- “Apriti, amica,
o Tuttabella, o colomba perfetta.
Rorida di rugiada è la mia testa
e i miei riccioli stillano
già di notturne gocciole”.
M’ero tolta la tunica….
(indossarmela ancora?),
m’ero lavato i piedi
(imbrattarmeli ancora?).
Quasi un gioco d’amore…. Il mio diletto
allungò una mano entro il forame,
e il mio seno balzò a quel contatto.
Mi levai per aprire al mio diletto:
le mani s’unguettarono di mirra
sparsa sulla maniglia.
Apersi al mio diletto,
ma il mio diletto era andato via.
La mia anima parve venir meno
perché era andato via….
Lo chiamai lungamente, e non rispose
perché era andato via…
M’imbattei nelle guardie
di ronda alla città;
mi strapparono il velo, mi percossero,
le guardie delle mura…
Io vi scongiuro, o figlie di Ierùsalem,
se incontrate il mio damo, dite, ditegli
che io muoio d’amore.
Il coro
Ma cos’ha il tuo diletto più degli altri,
o bellissima tra le belle donne,
perché tanto ne spasimi?
La sposa
Il mio diletto è bello e prosperoso,
distinto tra duemila, diecimila,
e la sua testa è oro, oro che brilla.
I suoi riccioli? Grappoli di palma,
nerissimi, corvini.
I suoi occhi come occhi di colombo
muovono rivi d’acqua,
specchiano cieli teneri:
e le sue guance sono come aiuole
di giunchiglie, di balsami.
Fatemi dire come son le labbra….
Due rose fresche e colte in paradiso.
E le sue mani? Mani fatte al tornio
cariche di topazi inanellati.
Il suo petto è abbagliante come avorio
cosparso di zaffiri,
e le gambe, colonne alabastrine
su piedistalli d’oro.
In quanto al portamento, è insigne come
il portamento dei cedri del Libano.
Ma la sua bocca è colma di rosolio,
bocca amabile, bocca deliziosa,
in lui tutto è delizia.
Questo è il diletto mio, l’amante mio,
o figliuole di Gerusalemme.
(Traduzione di Cesare Angelini ,Einaudi, 1973)
( Nota: Si credette un tempo che l’autore ne fosse Salomone, ma l’esame interno del libro ha indotto i biblisti (il Ricciotti, il Garofalo e il Galbiati, in capo a tutti), a riportarlo in epoca meno remota, verso il secolo IV a. C.; e l’attribuzione a Salomone. -Il Re Sole- pare inventata apposta per gettarvi sopra la splendente antichità di quei millenni)


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