lunedì 11 aprile 2011
POESIA RUSSA
sabato 9 aprile 2011
POESIA INDIANA
La mia vita é legata alla tua come fosse una catena
i cui anelli ti tengono sempre più stretto
quando cerchi di liberarti.
Mia é la disperazione come una compagnia dolorosa
che gioisce ad ogni tuo desiderio,
che ti porta nell'ombra e nelle lacrime.
Tu hai distrutto la mia libertà,
con le sue ceneri hai costruito la tua prigione.
Rabindranath Tagpore
da: Petali sulle ceneri. Libera Traduzione di Amedeo Sallustio
giovedì 24 marzo 2011
POESIA ITALIANA
Stagione che formi i desideri che li porti
davanti alle case che ci conduci
dentro alle porte di Smirne o di Norchia che
tenti d'imporci nei sensi le tue vecchie questioni (che)
nei sensi
Timbri dei sensi e immagini di cose, semplici idee che tutto ci
spaura, semplici idee che
in estasi sintetiche il conoscere rapisce e che
talora s'ingannan per sentire le
voci dei bambini che cantano nella cupola e che
invece si ascoltano in lunghe melodie;
melanconiose e con allusioni tristi, lente lunghe
travestite, disperse ancora di
inquietudini che
nel tempo non si rassegnano a finire.
Stagione rapinosa che privi che tremi, che ci lasci come
secche appendici della terra, che distruggi e sopisci che
generi e ridai - dentro ai flutti del mare dentro le
chiazze di luce dove tremano le
foglie dove il pino si distende e assente alla brezza:
- che ci apri che ci chiudi i nostri occhi -
Stagione rapace che ha i cieli infaticabili dove
nuvole e chiari si distendono dove la fame di
azzurro e di rosso e di rosa e
il grigio si sazia di limiti più ricchi:
- mobili infiniti argentei confini -
Stagione infinita come se l'infinito si discorre
(si va nel desiderio): infinito piacere d'a-
scolto che
la giornata infinita di questa stagione ci porge
infinita statio degli anni, infinita
gioia ed angustia (infinita)
ragione di mutamenti e d'identificazioni.
(E tu stagione"giuliva"?) (E tu, stagione
"fiorita"?) verde
che gli anni contano e spuntano via via
col dito, che
non ci lasci più campare stagione infinita soave,
stagione che muti, che rompi le acque, le falde,
i fiumi, i rovinosi corsi dei fiumi, che
incalzi :
scintille di luce in gocciole d'acqua, che
stupisci le bocche in carminei fremiti: che
incalzi i nostri piccoli animali che
ci scuoti come ciondoli.
- Che suavis natura -
(le madri di tutte le cose....)
- stagione delle meraviglie! -
Rosita Copioli
da Rosita Copioli - Viareggio 1979
Forum Quinta Generazione, anno VIII 1980, Marzo- Aprile nn. 69-70
martedì 15 febbraio 2011
sabato 12 febbraio 2011
POESIA SPAGNOLA
VICENTE ALEIXANDRE
labbra ch’escono dalla notte dura,
labbra squarciate, sangue, sangue dove?
Si amavano in un letto battello, mezzo tra notte e luce.
Si amavano come i fiori le spine profonde,
o il giallo che sboccia in amorosa gemma,
quando girano i volti melanconicamente,
giralune che brillano nel ricevere il bacio.
Si amavano di notte, quando i cani profondi
palpitano sotterra e le valli si stirano
come arcaici dorsi a sentirsi sfiorare:
carezza, seta, mano, luna che giunge e che tocca.
Si amavano d’amore là nel fare del giorno
e tra le dure pietre oscure della notte,
dure come son corpi gelati dalle ore,
dure come son baci di dente contro dente.
Si amavano di giorno, spiaggia che va crescendo,
onde che su dai piedi carezzano le cosce,
corpi che si sollevano dalla terra e fluttuando...
Si amavano di giorno, sul mare, sotto il cielo.
Mezzogiorno perfetto, si amavano sí intimi,
mare altissimo e giovane, estesa intimità,
vivente solitudine, orizzonti remoti
avvinti come corpi che solitarî cantano.
Che amano. Si amavano come la luna chiara,
come il mare che colmo aderisce a quel volto,
dolce eclisse di acqua, guancia dove fa notte
e dove rossi pesci vanno e vengono taciti.
Giorno, notte, occidenti, fare del giorno, spazî,
onde recenti, antiche, fuggitive, perpetue,
mare o terra, battello, letto, piuma, cristallo,
labbro, metallo, musica, silenzio, vegetale,
mondo, quiete, la loro forma. Perché si amavano.
Traduzione di Francesco Tentori Montalto
Poesia d’amore del Novecento
a cura di Angela Urbano
Fondazione Poesia Onlus 2011
POESIA ITALIANA
(1876 - 1956)
lunedì 27 dicembre 2010

Torna a fiorir la rosa o la favola della parola
mattutino risveglio della sera strazia in rossi barbagli
roride ombre disegna d'acque e di tramonti capelvenere
controluce sulla bianca redola educata tra le aiuole
Ma noi noi tu ed io in avaria alla gialla deriva
ci sconnette e arretra e assenta fuori campo oltre la scena
ombre vane che siamo d'un incarnato d'echi
non si sa dove soli soli eravamo e senza
Smarrita la donna in sé s'acciambella e fugge
strappato alla grazia il garbo di luna degli occhi
tanto può bellor di rosa il tuffo d'un bouquet
che irrompe a la chiusa imposta con un ramicel di fiori
In villa al crocevia dove arsi silenzi controvento
si dissolvono come in specchi labili postille
e illuse orme simulano indizi tracce intrighi
un frullo d'ali di cristallo marezza luci decembrine. (1990)
Ugo Piscopo
(da: La parola negata- Rapporto sulla poesia a Napoli,
di Mario M. Gabriele- Nuova Letteratura, 2005)
venerdì 24 dicembre 2010
Merry Christmas
Froehliche Weihnachten
Feliz Navidad
Mo'adim Lesimkha
Iloista Joulua
Kala Christouyenna
Gledelig Jul
Boas Festas
**********
Bloody Monckey aveva già fatto 10 yards
quando tornò indietro attraversando ponti,
e green country, un’isola deserta
come potrebbe dirsi una città vuota
di chicanos e baiadere,
buttarsi nelle braccia
di un novembre piovoso,
dopo aver dipinto un cielo blu all’orizzonte,
fuori da nuvole e tornadi,
sorridendo ancora un poco
delle mani- di Josephine.
Zygel ha scritto che lascerà la campagna,
aspettando agosto e poi ottobre e dicembre
se ritorna la passione e s’apre a coda di rondine
un sogno di ragazzo ritmando Drum Boogie.
lo dice anche il vecchio venuto da Bisanzio
che a dispetto dei roditori
è un vero cercatore di quadrifogli
e di zenzero per la notte.
Il fatto è che non ci si può più fidare neppure dei ritorni,
dolce Deborah, troppo brutte sono le ombre o corvette
come le chiamano
chi si sveglia all’alba e diventa per un giorno
l’enigma di un canto inutile!
Io sto bene con Charlotte,
mi rende la vita come una cascata di fiori
nelle acque del venerdì santo
dove non sostano i vampiri;
allora sì che cominciamo davvero a divertirci,
affrontando l’azzurro.
Non a caso le famiglie Zigfrid e Larsey
ci hanno invitato alla festa del sole
domani, a Freiburg.
Mario M. Gabriele
sabato 4 dicembre 2010

Ode barbara XIII
Miei vecchi amori. Visibili
ore di un secolo che non vuole morire.
Si rompono continuamente lune intorno a me.
La luce che m’illumina di certo verrà
da stelle spente.
Tutta la notte sradico sentimenti
dal mio petto che resta sempre verde.
Erbacce con radici d’eternità.
Mi stordisce il rumore del tempo.
Scendo
in una notte più profonda di quella vera
con una duplice tenebra negli angoli
e caligini d’usi passati.
Camminando lentamente, attento
a non svegliarvi.
Traduzione di Filippomaria Pontani
Poeti greci del Novecento
a cura di Nicola Crocetti
e Filippomaria Pontani
Arnoldo Mondadori Editore 2010
sabato 23 ottobre 2010
POESIA ITALIANA
G.BATTISTA NAZZARO
(1933)
STROFE PER UN EVENTO
giaceva sul fianco voltata verso il muro
e le pareti erano sporche di sangue;
il resto non conta, il resto non resiste
alla tentazione d’afferrare fulmineamente
la gardenia, lì nel vaso, e infilarsela così,
deliziosamente ghiacciata, nella scollatura;
e c’era l’ingegnere che voleva portare
il rosmarino profumato alla ragazza;
c’era il conte che comprava le terre;
c’era il bambino che nella sabbia bagnata
erigeva un monumento alla cicala;
il dottore, c’era il dottore, quel guardone
in bermuda a fiori celesti sulla sdraio;
il resto era sparso per i villaggi: che era
assente cioè , ch era primavera; con lei
che non reagiva ai profumi e sonnecchiava;
si svegliò quando lui scese dal letto;
poi pensò che fossero surgelati; in buste;
a causa di quella triade un po’ disseccata
che andava matta per gli insetti col calco
di pelle dorata; intanto non si fermavano;
nictofobia= paura della notte e del buio;
l’orologio continuava ad attirare gli sguardi;
Dick era simpatico; anche Otto era simpatico;
e Perry era simpatico; Dick Otto e Perry;
mentre la signorina Giulia era caduta battendo
la testa su di uno spigolo tagliente; aveva
promesso di sposare Perry; e ne venne
una lunga discussione; era la loro specialità,
era stato in un pesce ragno; là andavano
a mangiare; poi entravano in casa;
e poi disse il fatto più importante, la cosa
da tenere a mente; ma non era possibile;
tutto scompariva e tutto si deteriorava
senza rumore; il miglior modo di lottare
contro il rumore è di non farlo; l’acqua
dei fiumi scorre, quella dei laghi sta ferma;
Dick non l’avrebbe mai fatto; Perry sì;
alle 11 le gambe le pulsavano per il dolore;
altra sua caratteristica, la vulnerabilità
nella schiena e poté mostrare la lingua;
ma non ebbe fortuna; da ciò derivano
la prospettiva e lo sviluppo del pensiero
logico; somigliano sempre a sé stessi;
all’osservazione aveva assentito col cenno;
la primavera è una passione; non tarda
a farsi luce in sintonia diretta con la musica
tutt’altro discorso per il tempo e attese
nuovi incontri; ma raramente il parlato
del basso riemergeva; le rughe vanno
curate alo loro apparire con una intensa luce
e pianse; non capiva il mondo correlato;
ma ne valeva la pena per non far dell’asfissia;
il cranio spaccato era un antro ronzante
di congetture; il cerchio si stringeva sempre più;
Gesù le era simpatico; e Marx le era simpatico;
quello che ormai contava di fare era infilarsi
in una tuta e mettersi a passo di corsa;
e s’incamminò tra i tavoli dimenando il bacino;
per il resto, anche le mele sono bacate;
e si afferrò il piede tra le mani; rise di gioia.
G.Battista Nazzaro
(da: Opera Prima : Di un evento 1964-1969, Marcus Edizioni, Napoli, 2010)
(G. Battista Nazzaro è stato negli anni Sessanta uno dei principali protagonisti dell’avanguardia sperimentando poesia visiva e tecnologica e partecipando a mostre nazionali e internazionali con il Gruppo “70” e con l’Operativo “64”).
venerdì 22 ottobre 2010

fu il nostro unico animale domestico
per nutrirla bastò
una goccia di acqua e zucchero alla settimana
con la primavera sparì per sempre
per abbeverarsi in uno zuccherificio infinito
ed oggi per passare dalla zona d’ombra
alla luce è bastato un passo solo
venerdì 17 settembre 2010
Precisazioni
In altro modo ero euforico, la morte degli incroci
di certi vincoli memoriali, di parole sciolte
per caso dai flash di un’insonnia, madre scomparsa
dal mio occhio, destato dai bui tentacoli e fragori
Era un’ellissi, un fuggevole Voltaire ritornava
alle cose, nel cui nero cercavo di assopirmi; una violazione
del corpo ribelle, di schianti secchi, e contro
tutti fantasmi del silenzio, un’esile collera
di vanti, precisazioni, imperfetti annunci, rinascite
dispiegate contro la pena di bisbigli urbani e passi
nell’età cieca e salmastra, a impure acque e piazze.
Domenico Cara
da: Interni d’immolazione, 2007
giovedì 26 agosto 2010

Assetto di volo
A Gino Lorio, in memoria
Con lui venivano una determinazione feroce
dalla camera alla palestra
i cento metri percorsi in cinque minuti,
con una tensione di motore imballato
tutta la forza del suo corpo spastico
ribellata alla forza di gravità.
Sant’Agostino diceva che perfezione
è la carne che si fa spirito, lo spirito che si fa carne
ma non è vero: ogni mattina i puntali delle stampelle
scivolano metro a metro per guadagnarne cento
ogni mattina lo spirito è tagliato via da quel corpo,
dalle suole strascicanti e dalle nocche strette,
bianche sulle impugnature,
ogni mattina dal dorso di lottatore
si stacca un collo di tendini tesi e redini allentate
un urlo chiuso nella sua profondità,
perfetto nella sua separazione.
E io vi vedo una bellezza di cimieri abbattuti
e dentro la parola andare la parola compimento
e sono sicuro che lui sogna baci pieni di vento
mentre la volontà conquista le giornate a morsi,
schiaffo dopo schiaffo perché venga la sera
schiaffo dopo schiaffo, chiglia in piena bufera.
Ci vuole un’estate piena e un padre calmo,
un dio non assiso in mezzo agli sconfitti
ma cosí in tutta bellezza lo posso immaginare
come un bambino alle prime pedalate,
reggilo, eccolo, tienilo cosí – adesso tiene
uniti la terra e il cielo dell’estate
non sbanda piu, vince, è in equilibrio,
vola via.
Pierluigi Cappello
Assetto di volo. Poesie 1992-2005
a cura di Anna De Simone
Crocetti Editore 2006, 2007
Premio Bagutta Opera Prima 2007
Premio Città di San Pellegrino Terme 2007