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lunedì 28 settembre 2009

ARDENGO SOFFICI
(1879-1964)


ARCOBALENO

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Queste fresche giunchiglie che ho sulla tavola accanto
all’inchiostro,
Eran dipinte sui muri nella camera n.19 nell’Hotel des
Anglais a Rouen:
Un treno passeggiava sul quai notturno
Sotto la nostra finestra
Decapitando i riflessi delle lanterne versi colori,
Tra le botti del vino di Sicilia;
E la Senna era un giardino di bandiere infiammate.

Non c’è più tempo
Lo spazio
E’ un verme crepuscolare che si raggricchia in una goccia
Di fosforo:
Ogni cosa è presente:Come nel 1902 tu sei a Parigi in una soffitta,
Coperto da 35 centimetri quadri di cielo
Liquefatto nel vetro dell’abbaino;
La Ville t’offre ancora ogni mattina
Il bouquet fiorito della Square de Cluny;
Dal boulevard Saint-Germain, scoppiante di trams e
D’autobus,
Arriva, la sera, a queste campagne, la voce briaca della
Giornalaia
Di rue de la Harpe:
“Paris-cùrses” “L’intransigeant” “La Presse”.
Il negozio di Chaussures Raoul fa sempre concorrenza alle stelle;
E mi accarezza le mani tutte intrise dei liquori del tramonto
Come quando pensavo al suicidio, vicino alla casa di Rigoletto.

Sì, caro!
L’uomo più fortunato è colui che sa vivere nella contingenza
Al pari dei fiori:
Guarda il signore che passa
E accende il sigaro, orgoglioso della sua forza virile
Recuperata nelle quarte pagine dei quotidiani,
O quel soldato di cavalleria, galoppante nell’indaco della caserma
Con una ciocchetta di lillà fra i denti.

L’eternità splende in un volo di mosca.

Metti l’uno accanto all’altro i colori dei tuoi occhi;
Disegna il tuo arco:
La storia è fuggevole come un saluto alla stazione;
E l’automobile tricolore del sole batte, sempre più invano,
Il suo record fra i vecchi macchinari del cosmo.
Tu ti ricordi, insieme ad un bacio seminato nel buio,
D’una vetrina di libraio tedesco, Avenue de l’Opéra,
E della capra che brucava le ginestre
Sulle ruine della scala del palazzo di Dario a Persepoli.
Basta guardarsi intorno
E scriver come si sogna,
Per rianimare il volto della nostra gioia.
Ricordo tutti i climi che si son carezzati alla mia pelle d’amore.
Raggianti al mio desiderio:
Nevi,
Mari gialli,
Gongs,
Carovane:
Il carminio di Bombay e l’oro bruciato dell’Iran.
Ne porto un geroglifico sull’ala nera.
Anima girasole, il fenomeno converge in questo centro di danza
Ma il canto più bello è ancora quello dei sensi nudi.

Silenzio, musica meridiana,
Qui e nel mondo, poesia circolare:
L’oggi si sposa col sempre
Nel diadema dell’iride che s’alza.
Siedo alla mia tavola, e fumo e guardo:
Ecco una foglia giovane che trilla nel verziere di faccia;
I bianchi colombi volteggiano per l’aria come lettere d’amore
Buttate dalla finestra:
Conosco il simbolo, la cifra, il legame
Elettrico,
la simpatia delle cose lontane;
Ma ci vorrebbero della frutta, delle luci, e delle moltitudini
Per tendere il festone miracolo di questa pasqua.
Il giorno si sprofonda nella conca scarlatta dell’estate;
E non ci sono più parole
Per il ponte di fuoco e di gemme.

Giovinezza, tu passerai come tutto finisce al teatro.
Tant pis! Mi farò allora un vestito favoloso di vecchie affiches.


Ardengo Soffici
(da Simultaneità e chimismi lirici)

1 commento:

Anonimo ha detto...

lui: così giovane, visivo, così nuovo.