POESIA AMERICANA
LOUISE GLUCK
(1949)
Il giglio d’argento
Le notti sono di nuovo fresche, come le notti
di inizio primavera, e di nuovo silenziose. Ti
disturbo parlare? Siamo
soli ora: non abbiamo ragione di silenzio.
Guarda, sopra il giardino sorge la luna piena.
La prossima non la vedrò.
In primavera, quando sorgeva la luna, voleva dire
che il tempo era finito. Bucaneve
si aprivano e chiudevano, i grappoli
di semi degli aceri cadevano in pallide ondate.
Bianco su bianco, la luna sorgeva sulla betulla.
e nella forcella, dove l’albero si divide,
foglie dei primi narcisi, al chiar di luna
un morbido argento verdastro.
Ora siamo andati troppo avanti insieme verso la fine
per temere la fine. Queste notti, non sono più nemmeno
certo
di sapere cosa vuol dire la fine. E tu che sei stata con un
uomo:
dopo le prime grida,
è vero che la gioia, come la paura, non dà suono?
Louise Gluck
(Traduzione di Massimo Bacigalupo:da “L’iris selvatico”, Poesia, anno XVI, marzo 2003, n. 170, Crocetti Editore)
di inizio primavera, e di nuovo silenziose. Ti
disturbo parlare? Siamo
soli ora: non abbiamo ragione di silenzio.
Guarda, sopra il giardino sorge la luna piena.
La prossima non la vedrò.
In primavera, quando sorgeva la luna, voleva dire
che il tempo era finito. Bucaneve
si aprivano e chiudevano, i grappoli
di semi degli aceri cadevano in pallide ondate.
Bianco su bianco, la luna sorgeva sulla betulla.
e nella forcella, dove l’albero si divide,
foglie dei primi narcisi, al chiar di luna
un morbido argento verdastro.
Ora siamo andati troppo avanti insieme verso la fine
per temere la fine. Queste notti, non sono più nemmeno
certo
di sapere cosa vuol dire la fine. E tu che sei stata con un
uomo:
dopo le prime grida,
è vero che la gioia, come la paura, non dà suono?
Louise Gluck
(Traduzione di Massimo Bacigalupo:da “L’iris selvatico”, Poesia, anno XVI, marzo 2003, n. 170, Crocetti Editore)
Cavallo
Cosa ti dà il cavallo
che non ti posso dare io?
Ti guardo quando sei sola,
quando monti nel campo dietro la fabbrica del latte,
le tue mani immerse nella criniera scura
della giumenta.
Allora so cosa sta dietro il tuo silenzio:
disprezzo, odio di me, del matrimonio. Eppure
vuoi che ti tocco, gridi
come gridano le spose, ma quando ti guardo vedo
che non ci sono bambini nel tuo corpo.
Allora cosa c’è?
Niente, penso. Solo fretta
di morire prima che muoia io.
In un sogno, ti ho osservata montare il cavallo
su campi secchi e poi
smontare, voi due camminavate insieme;
nel buio, non avevate ombre.
Ma le senti venire verso di me
perché di notte vanno dappertutto,
sono padrone di sé.
Guardami. Pensi che non capisco?
Cosa è l’animale
se non un passaggio fuori da questa vita?
Louise Gluck
che non ti posso dare io?
Ti guardo quando sei sola,
quando monti nel campo dietro la fabbrica del latte,
le tue mani immerse nella criniera scura
della giumenta.
Allora so cosa sta dietro il tuo silenzio:
disprezzo, odio di me, del matrimonio. Eppure
vuoi che ti tocco, gridi
come gridano le spose, ma quando ti guardo vedo
che non ci sono bambini nel tuo corpo.
Allora cosa c’è?
Niente, penso. Solo fretta
di morire prima che muoia io.
In un sogno, ti ho osservata montare il cavallo
su campi secchi e poi
smontare, voi due camminavate insieme;
nel buio, non avevate ombre.
Ma le senti venire verso di me
perché di notte vanno dappertutto,
sono padrone di sé.
Guardami. Pensi che non capisco?
Cosa è l’animale
se non un passaggio fuori da questa vita?
Louise Gluck
(Traduzione di Massimo Bacigalupo, da “The Triumph of Achilles”, 1985, Poesia. anno XVI, marzo 2003, n. 170, Crocetti Editore)
JAMES WELCH
(1940-2003)
VIENE NATALE ALLA PIANA DELLE VIPERE
Natale viene così: uomini saggi
senza fretta, candele comprate a credito (basso il prezzo
dei vitelli) guerrieri faccia in giù nel sonno del vino.
I venti ingannano per trar calore dal fumo.
Amici siedono in baracche rattoppate, guardano oltre
le finestre di plastica, aspettando provviste.
Charlie Blackbird, a venti miglia da chiesa
e bar, pugnala il suo fuoco con la pietrina.
Quando gli ubriachi prosciugano i radiatori per amore
o bisogno, i capi mangiano neve e parlano di cambiamenti,
con la voglia di ridere che gli martella i fianchi.
Gli alci scherzano sugli altipiani.
La Stregona, pipa di terracotta e tabacco da masticare,
chiama per nome ogni bufera e predice
le cinque sputando nel televisore.
I bambini le si fanno addosso per chiedere una storia.
Qualcosa sull’onore e la passione,
guerrieri di ritorno con carni e canti,
una speciale stella della sera rapida visione di nascita,
Blackbird si prepara il fuoco. Fuori, un rapido
trentacinque sotto.
James Welch
senza fretta, candele comprate a credito (basso il prezzo
dei vitelli) guerrieri faccia in giù nel sonno del vino.
I venti ingannano per trar calore dal fumo.
Amici siedono in baracche rattoppate, guardano oltre
le finestre di plastica, aspettando provviste.
Charlie Blackbird, a venti miglia da chiesa
e bar, pugnala il suo fuoco con la pietrina.
Quando gli ubriachi prosciugano i radiatori per amore
o bisogno, i capi mangiano neve e parlano di cambiamenti,
con la voglia di ridere che gli martella i fianchi.
Gli alci scherzano sugli altipiani.
La Stregona, pipa di terracotta e tabacco da masticare,
chiama per nome ogni bufera e predice
le cinque sputando nel televisore.
I bambini le si fanno addosso per chiedere una storia.
Qualcosa sull’onore e la passione,
guerrieri di ritorno con carni e canti,
una speciale stella della sera rapida visione di nascita,
Blackbird si prepara il fuoco. Fuori, un rapido
trentacinque sotto.
James Welch
(Traduzione di Gianni Menarini, “Giovani poeti americani”, Einaudi,1973)
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