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venerdì 21 agosto 2009

POESIA AMERICANA
MARTHA COLLINS
(1940)


Diverse cose

Diverse cose potrebbero trovarsi in questa poesia.
Delle susine in un piatto di peltro.
Una lepre rossa, appesa per una zampa.
Un vaso di fiori. Tre bulbi di scalogno.

Un uomo potrebbe cantare, in vestaglia bordeaux,
la cintura dorata legata con un nodo piano.
Qualcuno potrebbe slegare il nodo.
Una donna potrebbe lanciare in aria una moneta d’oro.

Uno sconosciuto potrebbe dire la prossima frase,
è questo che ho tanto aspettato
e offrire un cestino colmo di mele
colte stamani, prima della pioggia.
Potrebbe piovere in questa poesia,
ma se piovesse l’uomo continuerebbe
a cantare mentre la sera bordeaux
cadrebbe sul lucido parquet.

Potrebbe nevicare in questa poesia.
ricordi come il cacciatore sbatteva gli stivali
prima di appoggiare il fucile nell’angolo
e appendere il berretto al gancio d’ottone?

La donna potrebbe aprire il sedile d’ebano
e trovarvi la canzone che cantava sempre sua madre.
Senti: la donna sta suonando.
L’uomo canta la canzone.

Intanto il cacciatore sta facendo un bagno caldo
nella vasca bianca dai piedi a zampa di leone.
Oppure il cacciatore è partito? E i suoi stivali
lasciano tracce nella neve fresca?

Quand’è che la donna mette a posto i fiori?
Prima che il cacciatore osservi
il disegno minuto sul vaso? Prima
che l’uomo cominci a sbucciare lo scalogno?

Adesso la donna taglia le mele
Nella ciotola blu. Ci potrebbe essere
un bambino che osserva cadere dal coltello
l’intatta spirale della buccia.

E poi potresti apparire tu.
Potresti essere il bambino con le guance rosse,
il cacciatore, o lo sconosciuto.
Potresti fermarti a cena.
Una ricetta provenzale. Una lepre
Rosso vivo, uccisa all’alba.
Scalogno. Brandy. Pepe, sale.
Una mela nella pentola.
Martha Collins

(A cura di Maria Grazia Marzot e Pamela Alexander, su:Poesia, anno XV Luglio-Agosto, 2001 n. 163, Crocetti Editore)

giovedì 20 agosto 2009

POETI ITALO-AMERICANI
GIOSE RIMANELLI
(1926)


Oh va’ via da quel lercio King Midas Saloon sull’autostrada
con le sue sguerce slabbrate minifucks fuggite di casa
e Reverend Spoon pastore di condoms e dildos che sparla
con strazio di AIDS e doomsday nel suo colmo bicchiere.
Ma questo a parte, tu sei stufo di birra di sbirri.

E adesso ascoltami bene, Bambolino: scivola intatto
nello spacco di scalpo che ancor hai un rock o un rap,
metti un piede avanti a quell’altro e se la porta ti sbatte
alla schiena cacciandoti fuori non battere ciglio: hai solo
dopo tutto lasciato mammolette, primroses di sfatti giacigli.

Impala la notte: non vi trovi sbadigli ma maglie di stelle,
e non sbiancare d’orrore nell’improvviso tremore (terrore?)
che ti scaglia fuor del paniere per quel sadico muso di rossa
Corvette che di balzo sbuca dal buio e quasi t’annusa
rincorsa com’è da cops e strida e lampi di corte mitraglie.

Questa è la tiepida notte di Chicago, anni dopo Al Capone.
Non vedi quelle luci blugialle blurosa di pelle carnosa
che abbagliano tagliano visi risate di gente ch’esplode
su strade balconi, e quelle cosce muschiose che sfrusciano
ansiose d’amore? Effluvio di vita di morte nel cuore.

Letti profondi, sensuali guanciali un po’ lustri di bava
palustre aggrumata come quel tempo, ad Amsterdam, in vuote
sere di bile cercando Van Gogh il quartiere degli Albatros
dei mariners affogando sonno libidine nell’acqua lustrale
dei canali per paura che addosso ti crollasse il mattino.

Su su, Bambolino: guarda quel mambo di gambe quelle mani
quei culi quell’oceano ondoso di anche di curve con labili
sibili passandoti accanto, e osserva mano a mano la mista
conserva di coppie con mano nella mano e le altre, spogliate
forse di affetti, annoiate e distratte, domandagli: come mai?

Ma subito il ritmo s’impiglia, il rap è finito ed un frale
vento di mare, perfido australe, ora sale dal lago si mette
ad urlare, ferito animale, nelle valli nevose della tua mente.
Forme d’ombre remote, di ore alterne, ora ruzzolano lente
dalle lanterne del Parco. E’ giorno di nuovo, e l’asma ritorna.

Giose Rimanelli
(da Alien Cantica - An American Journey, Peter Lang 1995 - Traduzione: Luigi Bonaffini)

mercoledì 19 agosto 2009

POESIA FRANCESE
PAUL – JEAN TOULET
(1867-1920)

X

Fò ha detto…….
“Del tappeto che tessiamo, come
il baco nel suo lenzuolo,
noi vediamo il rovescio solo:
tale è il destino dell’uomo.
Ma può darsi che ad altri occhi
l’altro lato dispieghi appieno
il segno, i fiori, la gioia
d’un mirabile disegno”.

Così Fò , che delle sue tisane
il nero oro inebria, o i suoi versi,
canta, e va di sghimbescio
in mezzo a due cortigiane.
Paul- Jean Toulet
(Traduzione di Sergio Solmi da: Quaderno delle traduzioni, Einaudi, 1977)

mercoledì 12 agosto 2009

POESIA GALLESE
DYLAN THOMAS
(1914-1953)



QUESTO LATO DELLA VERITA'

Questo lato della verità
non puoi vedere, figlio mio,
re dei tuoi occhi azzurri
nell’accecante paese della gioventù,
ché tutto è disfatto,
sotto i cieli immemori,
d’innocenza e di colpa
prima che accenni a fare
un gesto appena del cuore o della testa,
è colto e sparso
nella tenebra avvolgente
come la polvere dei morti.

Bene e male, due modi
di andare incontro alla tua morte
per il mare che s’avventa,
re del tuo cuore nei ciechi giorni,
dileguano come respiro,
passano urlando attraverso me e te
e le anime di tutti gli uomini
nell’innocente
tenebra, e la dannata tenebra, e la buona
morte, e la cattiva morte, e poi
nell’ultimo elemento
volano come il sangue delle stelle,

come le lacrime del sole,
come la semenza della luna, macerie
e fuoco, la fuggente irruenza
del cielo, re dei tuoi sei anni.
E il tristo augurio,
fin dall’origine delle piante
e animali e uccelli,
acqua e luce, terra e cielo,
è gettato prima che tu ti muova,
e tutte le tue azioni e le parole,
ogni verità, ogni bugia,
muoiono in un amore che non giudica.
Dylan Thomas
(Traduzione di P. Bigongiari: da: Poesia del Novecento in Italia e in Europa, a cura di Edoardo Esposito, II Volume, Feltrinelli, 2000. )