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giovedì 31 marzo 2016

POESIA ITALIANA - GINO RAGO


Questo testo di Gino Rago, trasmessoci gentilmente dall’Autore, lo proponiamo ai nostri lettori, in quanto si articola su fatti e avvenimenti storici, dove il grido di dolore si riflette anche nella nostra realtà sociale, fatta di violenza e di  tragedie. Passato e presente hanno una continuità fenomenica da cui è difficile comprendere le ragioni di tanta aggressività e comportamento criminale come sistema ideologico, tanto da porci la domanda: Unde Malum? E’ qui che Gino Rago trae le ragioni della sua sensibilità poetica, mettendo in rilievo un doloroso reportage che ci accomuna e ci consente di essere vicini al suo testo di Amore e Morte.

GINO RAGO
(1950)



Alla bellezza tutto si perdona         

Alla bellezza tutto si perdona         
Chi  saprà  dire alla Regina d’Ilio
la  nuda verità su Elena di Sparta.   
Menzogne. Calunnie. Soltanto maldicenze
la fuga, il rapimento, gli amplessi
della spartana sul mare  verso Troia?
Prima fra le prime accanto a Menelao.
Venerata  da Paride al pari di una dea.
Perdonata in patria da servi e da padroni.
La colpa cancellata.
Il rispetto e l’onore riaffermati.
Festa per Elena presso gli spartani.
Le donne vinte invece vegliano i cadaveri.

Noi siamo qui per Ecuba.
La donna che tutto perde nelle fiamme.
La madre che mai accetterà gli scorni
di quelle dee beffarde, gelose
delle  fattezze carnali di fanciulle
contese dai guerrieri a suon di lame.
Lutti. Lamenti. Pugni battuti sulla terra.
Le bende strappate.
I ramoscelli sacri nelle fiamme.

La  freccia lancinante, il dardo vero
a  insanguinare  il cuor della Regina?
Un’idea soltanto. La stessa
da  quando a corte Elena le contese il trono:
vinca la cenere, periscano  gli eroi,

alla bellezza tutto si perdona.

(testo inedito - Gino Rago)


martedì 22 marzo 2016

POESIA ITALIANA - GIORGIO LINGUAGLOSSA

GIORGIO LINGUAGLOSSA
(1949)


Questa poesia inedita di Giorgio Linguaglossa, dal titolo: Un balcone. Una siepe con sopra i lilla,  fa parte di una più articolata produzione poetica in fase di pubblicazione. E’ bene qui precisare che qualunque “guida” alla lettura di un testo poetico, di cui si intende “spiegare”, o “suggerire” i punti più significativi, è sempre operazione di indebita invadenza, che tradisce l’aura originaria in cui si muove il poeta nel comporre una poesia. E’ chiaro che qui ci troviamo di fronte ad una elaborazione linguistica che non ha nulla a che vedere con il panorama asfittico  che ha  invaso e sta invadendo il territorio poetico italiano. Ci troviamo di fronte ad una struttura  che riesce a fissare  scene da everyday life in continui flashback, con un ritmo serrato e compulsivo, tra scansione e ricomposizione di figure e sfondi di diversa scenografia. Finisce l’epoca dell’IO pleonastico e raffigurativo e nasce un nuovo orizzonte dai molteplici riflessi tematici, con una sfilata di personaggi all’interno di un territorio ora urbano, ora storico, ma sempre rappresentato nella realtà. E’ una indicazione, ma potrebbe essere un concreto segnale di direzione o più semplicemente un messaggio del fare poesia in un mercato che abbonda di merci secondarie, senza codice a barre. Certamente è un modello poetico che travalica i confini nazionali, con tutto il suo carico di immaginazione e di cultura. Non si tratta di moda o di capriccio estetico, ma di un considerevole progetto di un mondo linguistico e poetico chiamato a riempire la scena del mondo,  articolandone la visione. Ciò che emerge è una panoramica che  mette in primo piano lo sfondo a camera aperta,  di un locus esterno e interno e di brevissimi squarci metafisici con”un dio che deve ancora venire. Ma non verrà / perché  ha dimenticato di essere dio /: mentre incalzano le sequenze di ripresa fotodinamica, contraddistinte da uno sguardo osservatore e psichico, neutralizzante l’inerzia e la stasi. Qui si nota subito la proposizione di un nuovo modo di fare poesia, che ricostruisce, uno ad uno, gli elementi materici della parola provenienti “dall’unità infranta”, attraverso la narrazione, che riattiva i frammenti sparsi di un edificio crollato, ricomponendone le fondamenta della poesia dal suo stato colliquativo. E’, in altre parole. la progettazione simmetrica che ha in sé l’equilibrio stilistico di coerente ricerca espressiva, per esprimere l’evento temporale, storico o urbano, nell’accumulo delle pulsioni e introspezioni psicologiche. Ed è il meglio che si possa incontrare oggi leggendo le poesie di Linguaglossa, come avanzamento di scrittura creativa  in circolazione, che sfata il pensiero critico di Barardinelli quando decreta la morte della poesia. (Mario M.Gabriele)

Un balcone. Una siepe con sopra i lillà


Un prato verde. Pettinato come un tavolo da biliardo.
Ghiaia. Bambini. Giocano a palla qua e là.
Panchine verniciate di fresco. Una giostra.
Un balcone. La siepe con sopra i lillà.
Margherita e il Maestro con il cappello a cilindro,
il frac lurido e scarpe di vernice. Il romanziere Bulgakov
ha fretta di finire il romanzo, si attarda in cucina
a bere un caffè.
La nursemaid fa oscillare la carrozzella.
Un Signore con il berretto a visiera degli hockey club.
Una testa mozzata rotola sulla ghiaia.
Un borghese con i pantaloni a righe legge il "Corriere della Sera"
sulla panchina rossa.
Alla destra, prima della cornice del quadro,
l' uomo, gilè a scacchi e maniche di camicia, osserva
il pittore che dipinge un quadro.
Il quadro osserva il pittore che dipinge il quadro.
Sul cavalletto, una tela. Il sole giallo ritratto nel quadro
illumina la stanza. Si alza dal cavalletto,
esce dalla finestra, e se ne va a zonzo per la città.
Un balcone. Una siepe con sopra i lillà.
Il sole si è annoiato di aspettare il pittore.
Il pittore si è dimenticato della tela e del sole
e corteggia la modella del quadro precedente.
Nudo in un interno. C'è la modella davanti al cavalletto.
Qui, all'esterno, ci sono io. O forse, sono là.
Il pittore se n'è andato, chissà dove, tra i lillà.
Una signora canta: «che sarà, sarà».
Un dio che deve ancora venire. Ma non verrà,
perché ha dimenticato di essere un dio,
e adesso ha indosso abiti borghesi, sta fermo
alla fermata del tram, alla Potsdamer Platz.
Mentre il sole dichiara che domattina verrà,
puntuale come al solito, prima del caffè, a bere caffè.
La sfera di vetro con ghepardo delle nevi e presepe.
Di nuovo, tutto si capovolge.
Cadono all'insù fiocchi di neve. Cadono all'ingiù.
Il prato verde, i bambini che giocano con la palla di caucciù
sotto il balcone con i lillà.
La nursemaid con la carrozzella. Un Signore, là
con i pantaloni a righe che legge su una sedia rossa
il "Corriere della sera".
Il signore con il berretto a visiera degli hockey club.
Bulgakov è irritato perché ha perso il tram.
E così via. Davvero. Tutto si capovolge.

Il prato verde. Il balcone con sopra i lillà.

(Inedito di Giorgio Linguaglossa)