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lunedì 20 maggio 2019


Traggo dal Blog: Il Sasso nello stagno, di Angela Greco, che ringrazio moltissimo per la sua gentilezza, una mia poesia dal titolo: “La casa risaliva agli anni 40”, per agganciarmi alla tematica di Giorgio Linguaglossa: “Fondare una oggettoalgia della memoria e dell’Oblio?”, su “L’ombra delle parole” del 28 maggio 2019,, ma soprattutto per ricordare Mariella Colonna e il suo commento attinente il testo poetico.


La casa risaliva agli anni 40

La casa risaliva agli anni 40.
Rividi le mura,
le piastrelle divelte,
il rosso-cupo della camera di Fred.
-Qui non c’è più nessuno-, disse un passante.
Su un gradino ricomposi nomi e volti.
Misurai il tempo finito e non finito,
andando per attimi e quanti.
.
Non bastò ricucire il tempo perduto,
l’odore di prugne nel bosco.
Passavano i camion
come fossero Pony Express.
Gli inverni coprivano di neve porte e finestre.
La famiglia Ruggieri aveva un negozio
di tessuti Prada in città,
e tante matrioske negli scaffali.
.
Zia Evelina ci salutò con affetto
prima di lasciare ogni cosa.
Così decidemmo di non dire nulla
alle foglie d’autunno.
Ha ottantanni e anche più la tartaruga
come l’età della Signora Gilford
che ogni tanto legge The Back Country di Snyder.
.
La storia finì in un battito d’ala.
Non so se fosse flash psichedelico,
o un viaggio à rebours tra passato e presente:
riverberi di specchi nel cupo fumè del giorno.
.
Mario M.Gabriele, da “In viaggio con Godot”
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Commento di Mariella Colonna

Quella casa degli anni quaranta non riesco a togliermela dalla mente: anzi è lei ad accogliermi, come mi accade ogni tanto per “La stanza di Van Gogh”: quando qualche nuvola scura passa nei cieli del mio quotidiano “esserci”…corro in quella stanza, è un rifugio dove restare in silenzio e riprendere quota. Ma questa casa degli anni 40, ormai disabitata, è ancora più presente per l’assenza delle immagini: la vedo con l’anima insieme al poeta che la evoca. 

La voce del passante che dice: “qui non c’è più nessuno” mi risuona dentro, mi chiama a riflettere sul tempo che si aggira dentro di me consumando i miei giorni, ma non c’è tristezza perché lungo uno di quei gradini dove sosta il poeta anche io ricompongo nomi e volti, anche io riporto in vita persone e momenti diventati invisibili e, perciò entrati più profondamente nel mio essere come icone di Vita vissuta. 

Il tempo finito è adesso intimamente unito al non finito, non c’è il vuoto che divora, l’angoscia del nulla si addolcisce con il velo della poesia, con il suo scorrere verso un misterioso “dove”: gli anni quaranta rivivono nell’odore di prugne, al posto della casa ora c’è il bosco e poi le strade percorse dai rumorosi camion, infine la neve che copre anche le immagini assenti, unificando il paesaggio nel freddo candore dell’inverno più che mai attuale. Da questo bianco uniforme prende vita il negozio di tessuti Prada della famiglia Ruggieri, con i vivi colori delle stoffe e delle matriosche sugli scaffali.

Il passaggio dalla vita alla morte, nel cuore di una Vita recuperata ai volti e alle cose,avviene leggero come un venticello di primavera che muove quelle foglie, ignare della morte, che sembrano prendere vita da un quadro di Cezanne o di Monet, a seconda delle preferenze e del gusto di chi legge, ma sempre con accenni e sfumatura di luce sul verde. 

La tartaruga invece è ignara della vita, non sa di avere ottant’anni come la Signora Gilford e che vivrà ancora a lungo, forse più di lei. C’è proprio tutto nelle parole di Mario Gabriele e nei loro ritmi sereni che accettano la vita passata e scivolata via per sempre nel suo presente porsi al di là e, contemporaneamente, nell’intimità del tempo guizzante come un flash psichedelico: passato e presente, due specchi che si riflettono all’infinito e spariscono nel clima senza tempo della poesia.