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martedì 16 maggio 2017

POESIA ITALIANA: GIOSE RIMANELLI

GIOSE RIMANELLI


 Ad una ampia campionatura di immagini-sensazioni e resoconti autobiografici, dove la sopravvivenza psicoemotiva di profondi soliloqui si alterna con i luoghi della memoria domestica e storica, tra visi, gesti, luoghi geografici diversi, come diverse ma non disgiunte da tutto il corpus poetico sono le due figure rappresentate dalla vita e dalla morte, che tra l’altro appaiono dominanti nella raccolta dal titolo: “Sonetti per Joseph” Caramanica Editore, 1998, s’affida Giose Rimanelli, tutto portato sul versante di un umanesimo illimitato e assoluto nella esaltante dichiarazione di un perduto bene che permane anche quando le rapine della morte mettono a soqquadro cuore e ragione e fanno della generosa illusione dell’esistere un delirio-rovello esplicato attraverso un lessico lirico assai singolare nella operazione di collegamento dei sentimenti , sia se si tratti di discorso neutrale che partecipe dei fatti e degli eventi. “Sonetti per Joseph” lancia messaggi psicoemotivi e linguistici che vanno al cuore della dialettica esistenziale, in una atmosfera familiare fatta di cronache e di racconti, di confessioni e delusioni , che si riannodano in un unico bozzolo dal quale fuoriescono filamenti memoriali, come disperato bisogno di ricucitura del tessuto quotidiano attraverso un’ampia galleria di personaggi, come la figura della madre, del Reverendo Mich ed i suoi cantori, di doppi se stesso del poeta, che riaffiorano come isole nel grande mare delle dispersioni con una febbrile volontà di esistere, anche dentro il “male di vivere”, non importa se poi tutto questo si riduce a uno smarrimento dell’io e a uno stupore delle cose passate e presenti.

RITORNO
LIII
Mia madre muore a Windsor, nell’Ontario,
in una casa abbandonata all’ombra.
L’abbraccio, la vezzeggio, non s’adombra:
lei sa d’esser sola nel suo santuario.

Qui a suo modo ognuno fa il solitario,
come a intrattenersi con la penombra
che a poco a poco invade i vetri, e sgombra
d’ogni residuo d’olio il lucernario.

Nella mia terra abbarbicata ai muri,
mia madre visse un riluttante esilio.
Ora qui siamo, nella sua: duri

da rompere col rimpianto, l’ausilio
dell’incognita, la testa agli scuri….
La Gloria? Passa sotto il peristilio.

Windsor, Ontario
Domenica 5 novembre 1995

MIA MADRE
XLVI
Joseph, non è morta , anche se lo penso.
Ha perso quasi tutte le sue piume
e il gesto, la parola. Già l’incenso
tinge la sua stanza di là del fiume.

Alla sua vita non c’è alcun compenso,
eccetto un pensiero: ci è stata lume,
porta aperta sul mondo in quel suo denso
ipotecare la speranza. Schiume

d’ignoto pianto battono le sponde
d’America, fino alla patria Italia,
e sfumano. Nessuno mai risponde.

Vanno e vengono, aggobbiti d’alia,
figli e nipoti e parlan di Laonde
la mamma/nonna, stelo della dalia.

Pompano Beach, Florida Martedì, 31 ottobre 1995

SALVE REGINA

XLIX
Aspetto la mia morte con lo sguardo
di mio padre, a cui sempre più somiglio:
chiaro, con tutta una sua grazia; il cardo
che pungeva è perso, tra grano e miglio.

Aspetto la mia morte, col ritardo
mitico dei treni, nel ripostiglio
della mia gloria; odorerà di nardo
e farro, vuota quanto uno sbadiglio.

La morte è rito solo per chi resta:
per me c’è il canto del Salve Regina
nella Valletta dove ognuno appresta

una tela sospirosa , in sordina;
e dove incontrerò te pure, in testa,
Joseph, a una brigata d’albaspina.

Pompano Beach, Florida
Giovedì, 2 novembre 1995


LA ROSA
XXXIII
Per i tuoi settanta, sapienza e amore
te ne danno appieno….venti di meno;
e, Dio voglia, ce ne saranno almeno
cent’anni ancora a salutare altre ore

di lieto conversare, di sereno
scrivere nel reciproco pallore;
è questa la vita, è questo il suo odore?
La barca cerca altra sponda, il seno

sempiterno che ci ripaghi a fondo
d’ogni umano dolore — quella spola,
Joseph, che tesse o inceppa il girotondo.
La rosa odora una giornata sola,
(come la nostra vita in questo mondo,)
e Amore canta, ride e se ne vola.

Election Day Pompano Beach, Florida Martedì, 6 novembre 1994

SIS
XVII
Mangiavano peperoni salati
sotto il fusto d’una palma, in un fosso
di fango e rettili, semi affogati
nei loro tatuaggi; e nient’altro addosso.

Uno d’essi si rosicchiava un osso,
ed un altro i capelli insanguinati
d’un terzo che piangeva, “Ummm, yes, ti posso…”
e mormorava un blues di stralunati.

“Yes mama, mama look at Sis, lei è fuori
on the levee, facendo il doppio salto
col Reverendo Mich ed i suoi cantori”.

“Rum in here, you little sow, lo smalto
sulle unghie is bad, girl, you know how? Se muori,
you little sow, mama too vola in alto.

Jacksonville, Florida
Sabato mattina, 17 settembre 1994

PREGHIERA

XXIII
La pioggia che ti sfruscia nel pineto,
e quella che t’affoga nei diluvi
è la stessa che monda e ti disseta,
è la stessa pioggia che carezza e urla.

Sei come il passerotto che si burla
sul filo del giorno giunto a compieta,
e si stordisce al buio negli effluvi
di paludi che vegliano il canneto.

Joseph, aiuto! Sempre stessa storia
on Television, da mattina a sera:
soap opera, politica, violenza.

Questa porosa cosa, la mia scoria,
(permetti?) eleva ancora una preghiera:
che presto arrivi l’ultima partenza.

Jacksonville, Florida
Martedì, 11 ottobre 1994

VENTURA

XXV
Ognuno costruisce la sua casa
nel deserto, ed ara, scava e coltiva.
Poi — passa un giorno passa un anno — arriva
il vento e l’acqua o il fuoco e la travasa.

C’era sempre un fiore sulla cimasa
che ci donò guidogozzano: estiva,
con i colori di Domani, e viva…
come i bei sogni morti in quella casa.

Ora la gente passa e mi domanda:
“Di cosa ti lamenti, la paura?”
Tutta la vita è fatta di chi sbanda,

o arranca, cercando la via sicura.
Ma poi si affonda. Paura? La banda
suona al solito il blues e la ventura.

Jacksonville, Florida
Sabato, 15 ottobre 1994

CATULLIANA V

XLVIII
Godiamo in santa pace il nostro amore
perché la vita è luce che si spegne.
Lo dico a Bimba con aperto ardore
siccome a lei non vanno le consegne,

le morali delle favole, le ore
attorte e un tantino pregne alle insegne
delle scuole, o assorte nel luccicore,
Joseph, di tutte quelle cose degne.

Ho perso sempre tutto nella vita,
Joseph rispose , eccetto la mia croce.
Vi sono entrato come in una gita,

petto in fuori, melodica la voce.
Onestamente, me la son goduta:
godendo anche l’amaro della noce. (66)

Pompano Beach, Florida

Mercoledì, 1 novembre 1995