MARIO M. GABRIELE
INEDITO
La nebbia che vedesti
celava i portali di Villa San Giovanni.
Fissarti stava nel potere dell’iride,
arrossata dai pollini d’aprile.
Più del passato ti inasprisce ora
il turbinio del vento.
Si va sui binari,
colmi d’erba e di sterpaglia.
Ha ragione Marcus
quando dice che il tempo non ha più spiagge.
Arrivi anche tu a questa riva,
né io so condurti al vecchio faro.
La tempesta ha lasciato ruderi
sull’isola di Crusoe.
Pochi anni e non so più come salvarti
dalla voce che ti chiama.
Veronica mi guardò
invitandomi ad un cocktail party.
Parlò di Madhvan Muni e di Balarama.
Non dissi nulla, attento ai labrador.
Lei lasciò la torcia. Tornò il buio.
-Seguimi-
gridò. E fu tutto un tacito andare
con le cose del bivacco.
-Non abbreviare il tuo viaggio-,
farfugliò la sensitiva
con la carta dell’impiccato.
C’erano nella garconniére
una custodia con sette spade acuminate,
uno spartito di Handel
e due o tre coppe di Jack Daniels.
-Anche lei è della confraternita?-,
chiese la bionda norvegese.
Judith non sapeva che rispondere.
Il giorno dopo ci fu un viaggio allo scoperto
e una lezione alla Bernard School.
A sera, Padre Stone preparava Giselle
per le nozze di settembre.
Questo lo può dire, Signor Brandberg,
se prendendo il largo ci sono ancora
piranha e squali.
La signorina Elliot rifece il letto,
cacciò i sette peccati capitali.
Non si sa più nulla di tutta la polvere caduta.