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mercoledì 14 ottobre 2020

INEDITO DI MARIO M. GABRIELE

In questo testo sono presenti quattro personaggi: il poeta che riveste anche il ruolo di sceneggiatore, e un uomo e una donna, con una scrittura quasi cinematografica, nel riformulare una storia privata e collettiva, con i vari click da primo piano in un background che amplifica l’ambiente, per immettere pensieri visuali nell’accadimento delle cose. Apparentemente questo testo poetico sembra un listing, un progredire di scene e di frasi in una specie di master scenes dove si susseguono elementi dinamici, conclusivi di un fatto e di un evento: il tutto facilmente assimilabile nell’esercizio narrativo e di identificazione dei luoghi e degli avvenimenti. Si intravvede il buio più cupo quando uno dei protagonisti confessa: “Sono nomi di autori di musica e personaggi storici come Hermet / Non li troverà più qui. Sono tutti morti”, senza una corrente di luce da qualche lampada LED.

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Mi è venuto in mente il seguente pensiero leggendo questa poesia inedita di Mario Gabriele: che il suo universo di immagini ci riporta ad un mondo preistorico, voglio dire che tutti questi spezzoni del mondo contemporaneo sono trattati come reperti di un mondo preistorico che è scomparso da migliaia di anni. Decrittarli è una operazione analoga a quella che fanno gli archeologi con le civiltà scomparse di cui dissotterrano qualche reperto o frammento di reperto, e di lì ricompongono il tutto di un mondo scomparso, di una civilizzazione scomparsa. Forse il poeta oggi deve diventare un archeologo, deve trattare il presente come se fosse mummificato da alcune decine di migliaia di anni. Infatti, è quello che fa Mario Gabriele. Le tessere iconiche che troviamo nella poesia di Gabriele rappresentano l’eccesso, l’eccedenza dell’Ordine Simbolico, dei tagli, delle fessure, dei buchi che si aprono nella rete simbolica dei segni di una civiltà. Ecco, questi vuoti rappresentano la vera essenza ontologica di un’epoca storica, in essi si rivela l’antagonismo, la contraddittorietà dei segni di un certo Ordine Simbolico, in quanto è solo in un vuoto, privo di coordinate o di identificazioni, che le contraddizioni possono sussistere e non essere ridotte e falsificate in un concetto di sintesi hegeliana. creato dalla rete simbolica. Identificando e tracciando con accuratezza i percorsi semantici delle singole parole, proprio come fa un archeologo, possiamo farci una idea abbastanza precisa dell’Ordine del reale di una data civiltà. Accostare il cartone animato «Snoopy» con «Ofelia», elencare parole del nostro aforismario della modernità come «jukebox», «Signor H, Cantante e Deejay» al filosofo marxista «Horkeimer», fa parte di un lessico ridotto a spezzoni e a frantumi, lessico di per sé insignificante ma che invece acquista significato e senso proprio dall’accostamento iperbolico e verosimile di queste tessere del linguaggio. L’aspetto derisorio del Moderno diventa evidente dall’inserimento di due figure chiave della modernità e del modernismo (Prufrock ed Eliot) al di fuori del loro contesto storico, ormai Mnemosine accusa dei vistosi vuoti di memoria: 

… Prufrock ed Eliot, 
due gendarmi della Rivoluzione francese o del 68 
(Giorgio Linguaglossa) 
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 INEDITO DI MARIO M. GABRIELE

L’occasione era buona per parlare con Ofelia,
togliere a Snoopy il dente cariato.

Ci voleva un po’ di tempo per rimanere in silenzio.
Buonasera Signorina. E’ in cerca di qualcosa?

Mi scusi, conosce un certo Signor H, Cantante e Deejay?
Da anni non so più niente di lui.

Ogni sabato c’è un happening musicale.
Può provare a fare indagine alla King Dom House.

Sono nomi di autori di musica e personaggi storici come Hermet.
Non li troverà più qui. Sono tutti morti.

Bisognerà rifarsi a ciò che hanno lasciato nei jukebox
o nelle biblioteche di città.

Sa, in questi tempi di oscura metamorfosi
ci sono ricambi di estetica che nessuno più legge.

A me, interessava il Signor H,
comunista alla Horkheimer.

Barista, pronto a mettere il cartello Closed.
Mi dispiace, devo andare, disse.

Resti, la prego, lei e un gentleman
di quelli che se ne trovano pochi in giro.

Ho visto attaccati ai muri modelli e simboli,
diagrammi e disegni di un tempo che fu.

Ha qualche rimpianto? O teme per il suo futuro?
Basterà rifondare L’Institut fur Sozialforschung..

Beh, disse il barista, certe cose o hanno fortuna
o mutano e si fanno oggetto di verificazione alla Popper.

Oggi le Borse vanno giù.
Non si salva nessuna Society o startup.

Si ricorda di quell’ operatore che prometteva vacanze
ai Caraibi se avessero seguito i suoi consigli?.

Per grazia di Dio sono qui come le ho detto
per conoscere il Signor H e bere un coca cola.

Diciamo che sono stata imprudente
e che il signor H doveva restare chiuso in me.

In passato non sfuggivo a nessuno
nemmeno alla morte degli altri.

Ma per H tutto significava per me:
amore, HI-FI, Count Basie e Eagles e Hotel California.

Guardi, conosco il suo rammarico. Non vada oltre.
Le offro un Martini Dry, anche se è un veleno!

Staremo un poco insieme come Beckett
à La Closerie des Lilas.

Entra un gruppo di signori.
Sono fantasmi, lampi di luce.

Sembrano Prufrock ed Eliot,
due gendarmi della Rivoluzione francese o del 68.

Lei, Signorina, ha buon gusto ad averci ricordati.
Senza di noi non esiste neanche il Nulla.

Ci fu chi domandò-chi c’è là nel metamondo?
E Linda è vero che sta con voi?-.

Si era spezzato il dialogo con gli altri.
Né vennero al cold reading il Dr. Gary e l’umanista Schwartz.

Tutti smarriti in un viaggio, chi a bordo delle navi,
chi su malferme barcarole.

giovedì 21 maggio 2020

Testo integrato nella raccolta inedita Remainders di prossima pubblicazione.




Un cocktail di Bull Shit inaugurò l’oroscopo cinese delle candele.
Ci minacciavano Star Wars e L’Uomo che fuma.

Così rimanemmo al tavolo con Sara e Dora Moore
pensando allo scacco matto.

Cara Ketty, sono 14 anni che non mi muovo più dal letto
e ho le allucinazioni durante il giorno, disse Arianna.

C’è un esercizio, una specie di Yoga,
che si attacca al passato  come il silicone.

A giudicare  le cose come sono andate,
basterebbe che la luna se ne stesse un po’ in disparte.

L’occasione è buona
per dire Vorsicht vor dem Winter.

Sembra che Padre Michell, non voglia liberarci dal male
perché legati  alla Passione, secondo Madame Bovary.

Sissy non si fa più sentire. E’ caduta nel disincanto
in una stanza di Prinsengracht 263.

Da inizio Gennaio fino alla quarantena
Ghebby ha seguito l’andamento dell’universo digitale.

Ne sa qualcosa Keurin dal suo paesino nella Brianza
che accomuna, mese dopo mese, remainders.

Nessuno sa come prendere un vagone,
ricordare  La relatività  con le 4 stagioni di Durell.

Kessy ha conseguito la laurea  in modalità telematica
chiudendo l’esercizio accademico 2015-2016.

Oggi compie gli anni. Le presenterò mammy,
in photoshop,  come quelle in bacheca a Bergen Belsen.

martedì 5 maggio 2020

REGISTRO DI BORDO di M.M.Gabriele – Intervento critico di Gino Rago



Giorgio Linguaglossa:
«La nostra petizione di una nuova ontologia è quindi la petizione per una nuova polis, per nuove leggi e per nuovi cittadini»
*
Mario Gabriele, Registro di bordo, Edizioni Progetto Cultura, Roma, 2020, pp. 152, E.12
Prefazione di Giorgio Linguaglossa
*
Lettura di Gino Rago

Scendiamo in medias res leggendo insieme questo polittico in distici di Mario Gabiele tratto da Registro di bordo, Progetto Cultura, Roma, 2020:

9
Sei rimasta come le foglie del bonsai.
Mi scrivi: – salutami Stella e le amiche di Parma. –

Esco di rado. Qualche volta mi fermo al Cabaret.
Riapre il Nasdaq di Londra con le start-up a 10 Buy.

Non lontana dai borghi
c’è la discarica delle stagioni.

Ci riserviamo le prognosi future
e le segrete stanze dell’illusione.

Rispuntano gli ologrammi.
Stasera ci fermiamo con i turisti by night.

Leggo e ripongo After Strange Gods
dopo una giornata di meteo invernale.

Qui prepariamo i bouquet
per i compleanni della famiglia.

– Signora, sono arrivati i tulipani. Glieli mando a casa
così nessuno potrà dire: per chi suona la campana! –

C’è sempre un tempo per nascere
e un tempo per morire.

A digiuno ci fermammo nella certosa
ricordando Debora e Barak.

La nostra amica americana si è sposata con la tristezza
da quando ha letto Day by Day.
*
“[…]Non lontana dai borghi
c’è la discarica delle stagioni[…]”.

e, poco più giù, nello stesso polittico, il lettore, già tramortito dalla valanga di immagini-parole-metafore cinetiche che Mario Gabriele crea e intreccia, con la maestria e la sapienza dei vecchi cestari, si imbatte in un altro distico non meno spiazzante del primo

“[…] C’è sempre un tempo per nascere
e un tempo per morire […]”

Lo spaesamento dell’uomo d’occidente è totale: le stagioni è possibile rinvenirle nella discarica e tra il “nascere” e il “morire” del secondo distico manca ciò che si verifica o che dovrebbe verificarsi tra le due polarità estreme del nascere e del morire: vivere, semplicemente vivere.

C’è tutto, anche se mai viene nominato, ciò che non riesco a dire diversamente “il dolore” dell’uomo d’Occidente nella gabbia filiforme di una Europa ipermoderna cristallizzata in quello che Zygmunt Bauman ha saputo indicare come il-tempo-di-mezzo, tra un «non più» non ancora concluso e un «non ancòra» che stenta ad albeggiare; e il poeta d’avanguardia come Mario Gabriele avverte la lacerazione tra «cosa» e «parola», lacerazione ribadita da Giorgio Linguaglossa: « Tra la parola e la cosa si apre una distanza che il tempo si incarica di ampliare e approfondire…»,

e rimangono le interferenze, le ibridizzazioni, le immagini metaforiche, gli sparpagliamenti, le dissipazioni: una entropia di linguaggi in un moto entropico perpetuo…

Per questo forse

“[…]Marisa riordinò gli arredi
lasciando al gatto Musumeci i residui di Gourmet[…]”

mentre in altra parte dello spirito d’Occidente, benché ad altre latitudini e ad altre longitudini,

“La nostra amica americana si è sposata con la tristezza
da quando ha letto Day by Day.”

Il congedo qui si è fatto definitivo dai direi tòpoi di tantissima nostra poesia, le discariche, i residui di Gourmet, il matrimonio con la tristezza della sposa americana, le foglie del bonsai prendono il posto definitivamente in un luogo poetico «altro», un luogo distante da quello delle linee-luoghi comuni fiore-sole-cuore-luna-amore…

Qui lo spaesamento dell’uomo d’Occidente convoca altri approdi, in questo Registro di bordo l’estraneazione richiede altre poetiche, un’altra estetica, una altra morale, un’altra etica, qui siamo alla «poetica della indignazione morale», alla «estetica della disperazione».

Ogni lettore «vede» in un componimento poetico ciò che egli per cultura, per vastità di letture, per frequentazioni dell’altrui poesia è in grado di vedere, basti pensare al Suonatore Jones di Edgar Lee Masters, ri-adattato alle sue esigenze musicali da De André: in quel «vortice di polvere» nel quale tutti vedevano i segni della siccità, lui soltanto, il suonatore nella/della libertà vedeva in quello stesso vortice di polvere, in quel forse mulinello di stracci, «la gonna di Jenny» in un ballo di tanti anni fa…

Ciò per suggellare, fra le tante già a più riprese messe lucidamente in evidenza da Giorgio Linguaglossa nella sua ermeneutica, una cifra che poi è un punto di forza della lunga storia poetica di Mario Gabriele:
la libertà di interpretazione dei suoi testi poetici che il poeta riconosce e lascia ai suoi lettori i quali così giocano, quasi sono invitati o chiamati a giocare lungo la direttrice autore-poesia-lettore, un ruolo non meno «creativo» di quello dello stesso autore.

E’ poesia che da Ritratto di Signora (2014) a Registro di bordo(2020), passando per L’erba di Stonehenge (2016) e In viaggio con Godot (2017), vuole un tête à tête con l’uomo cui Mario Gabriele si rivolge, una poesia che con l’uomo del nostro tempo desidera stabilire rapporti diretti, senza intermediari di nessun genere nei tre modi a noi noti della cognizione, modo analitico, modo intuitivo, modo epifanico-rivelatore, tutti e tre compresenti nella poesia di Mario Gabriele, in accordo pieno con la idea di “libro” di Brodskij: «[…]Nella storia della nostra specie, nella storia dell’ homo sapiens, il libro è un fenomeno antropologico analogo in sostanza alla invenzione della ruota».

La poesia di Mario Gabriele vuole il tête à tête poeta-uomo, rivendica il dialogo diretto autore-lettore, si muove all’interno di quella petizione linguaglossiana «per una nuova polis, per nuove leggi, per nuovi cittadini».

Su questo Giorgio Linguaglossa scrive: «La nostra proposta di una nuova ontologia implica la petizione di una nuova idea del tempo, dello spazio, della vita psichica, della vita erotica, dell’esistenza e della storia, implica la petizione di una nuova esperienza del vivere e dell’agire, qui e ora, nel tempo. Questa petizione di un ripensamento categorico dei pilastri dell’ontologia, della filosofia, dell’etica e della politica occidentali, implica e richiede un rivolgimento di tutti i nostri sensi, del nostro modo di vita […]. Una nuova ontologia poetica richiede fortemente una nuova forma di vita […]. Liberare la poesia è il primo passo per liberare e rinnovare la nostra forma-di-vita. La nostra petizione di una nuova ontologia è quindi la petizione per una nuova polis, per nuove leggi e per nuovi cittadini».

Perché?

Perché la scrittura in versi per il poeta è un possente acceleratore di coscienza, di pensiero, di comprensione dell’universo, per ricordare ancora Brodskij, e se vale per il poeta, per Mario Gabriele la scrittura in versi come catalizzatore di pensiero, coscienza e comprensione deve valere anche per il lettore, nella casa comune della poesia.
*

(gino rago)

giovedì 9 aprile 2020

INEDITO DI MARIO M. GABRIELE



Le parole che furono pensate e mai dette
ti bucano la mente ogni volta che si fa sera.

Quello di cui si avvolse Hart Crane
era un lenzuolo d’acqua come quello di Celan.

Mon Dieu, stiamo morendo! Non affacciarti al balcone!
Scrivi a Romina come se fosse l’ultima volta.

Acqua fredda, acqua calda. Se veramente vuoi pulirti
non hai altri rubinetti se non quelli di Ideal Standard.

Non respiro. Ho la tosse.Hai chiuso bene la porta?
Ricordami di chiarire tutto con il Redentore.

Uno si è buttato dal quarto piano
seguendo il manuale dei suicidi.

Sotto la cintola aveva una mappa
per il paradiso degli impala.

Qualcuno il Venerdi Santo
ha lasciato i sandali di Cristo.

Appena fuori Alcatraz
partiremo per l’isola di Crusoe.

-L’unica  risposta  alla tomba di un bimbo

è stendersi lì accanto e giocare al morto-(Saint Geraud).

venerdì 20 marzo 2020

Da L'Erba di Stonehenge, 2016



Alla fine il ragazzo rivelò l’architrave del mondo,
le meraviglie di Bertram von Minden,
con slang romagnolo disse dove si trovavano le foglie morte,
le Fetes Galantes di Verlaine,
a Bruxelles  presso il Caffè Jeune Renard,
piccoli affreschi ricordavano Renoir,
era gennaio di gelo e neve,
la bruna orchestrale davanti ai preludi di Massenet,
ancora per poco restiamo negli slums,
credimi quando ti dico che pensavo a te stamane
le preghiere all’ultimo minuto,
non sono bastate a fermare  i fiumi, e i tornadi sulle città,
buttata la bisaccia, pulsa il sangue nelle vene,
se tu pensi che tornino  i passeri a beccarci un nuovo giorno,
le feste di quartiere, la movida; ieri sera ho dormito sul tuo sonno,
e ci sarà una sola fine, un solo principio,
antica strada la memoria, le cerbottane  per ferire;
ondeggiano i mesi, gli anni, sotto quest’arco e questa croce
bruciano i ritorni e ho conosciuto le litanie nei pub,
le carrozze ferme in strada,uno sotto l’arco del Trionfo,
senza donne e mascarpè, esile come un giunco,
non più di un ramo di quercia antica,
Diranno poi come  gli son diventate  sottili le gambe e le braccia!
la sera chiude la giornata col viso di un uomo in transumanza,
le pellegrine nel bosco a cercare i funghi prataioli;
giochiamo la sorte alla roulette,
fuori il silenzio attraversa il vicolo, il respiro a metà giro,
c’èra un salvagente per andare oltre il fiume,
ma chi ci credeva? l’inverno lasciò  troppe crepe sopra i muri,
Kelin maledisse il freddo, si fece in quattro per fermare il tempo,
rimandando ogni cosa dopo il Serenase;
in una stanza suonavano come a Woodstock,
non passavano giorni senza chiedere dove fossero Marisa e Abele
lontana  era l’isola del tesoro, perché accadde,
perché c’era  l’ombra alla porta,come a Montpellier
quando suonava Madame Drupet a strapparci le unghie,
a morderci la carne?




mercoledì 15 gennaio 2020

INEDITO DI MARIO M. GABRIELE





Inverno ibrido con le coperte sopra i sogni.
Non so nulla dove andiamo, chi incontriamo.

Spente le luci e la valvola  termostatica
rimane il ticchettio dell’orologio a pendolo.

Scende lo spleen
senza avvertire la pioggia  che batte nel giardino.
.
Cerchi cose che nessuno conosce
e vivono di traverso nei pensieri.

Come due apripista scendiamo a valle
dove  sostano i vivi e i morti.

Qualcuno esce dal gruppo,
 ci racconta la sua storia.

E’ una questione di tempo.
Quando lascerai l’Hotel ricordati di salutare le stelle.

In attesa del taxi, Mike si lustra le scarpe
per uscire con Tecla nei giardini zoologici.

Non esiste più la Carbonafta.
E’ dal 65 che manco da Milano.

Poesia  e letteratura sono un binomio assordante:
una eccezione estetica.

Nella rastrelliera hai messo di tutto
tranne la camicetta a pois.

Il video di Orlowski aveva raggiunto il punto luce
mentre cercavo la Galleria Zelia Nuttal.

Nel raggio di un chilometro
vive ancora  la signora dei platani  e dei tulipani.