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giovedì 21 maggio 2020

Testo integrato nella raccolta inedita Remainders di prossima pubblicazione.




Un cocktail di Bull Shit inaugurò l’oroscopo cinese delle candele.
Ci minacciavano Star Wars e L’Uomo che fuma.

Così rimanemmo al tavolo con Sara e Dora Moore
pensando allo scacco matto.

Cara Ketty, sono 14 anni che non mi muovo più dal letto
e ho le allucinazioni durante il giorno, disse Arianna.

C’è un esercizio, una specie di Yoga,
che si attacca al passato  come il silicone.

A giudicare  le cose come sono andate,
basterebbe che la luna se ne stesse un po’ in disparte.

L’occasione è buona
per dire Vorsicht vor dem Winter.

Sembra che Padre Michell, non voglia liberarci dal male
perché legati  alla Passione, secondo Madame Bovary.

Sissy non si fa più sentire. E’ caduta nel disincanto
in una stanza di Prinsengracht 263.

Da inizio Gennaio fino alla quarantena
Ghebby ha seguito l’andamento dell’universo digitale.

Ne sa qualcosa Keurin dal suo paesino nella Brianza
che accomuna, mese dopo mese, remainders.

Nessuno sa come prendere un vagone,
ricordare  La relatività  con le 4 stagioni di Durell.

Kessy ha conseguito la laurea  in modalità telematica
chiudendo l’esercizio accademico 2015-2016.

Oggi compie gli anni. Le presenterò mammy,
in photoshop,  come quelle in bacheca a Bergen Belsen.

martedì 5 maggio 2020

REGISTRO DI BORDO di M.M.Gabriele – Intervento critico di Gino Rago



Giorgio Linguaglossa:
«La nostra petizione di una nuova ontologia è quindi la petizione per una nuova polis, per nuove leggi e per nuovi cittadini»
*
Mario Gabriele, Registro di bordo, Edizioni Progetto Cultura, Roma, 2020, pp. 152, E.12
Prefazione di Giorgio Linguaglossa
*
Lettura di Gino Rago

Scendiamo in medias res leggendo insieme questo polittico in distici di Mario Gabiele tratto da Registro di bordo, Progetto Cultura, Roma, 2020:

9
Sei rimasta come le foglie del bonsai.
Mi scrivi: – salutami Stella e le amiche di Parma. –

Esco di rado. Qualche volta mi fermo al Cabaret.
Riapre il Nasdaq di Londra con le start-up a 10 Buy.

Non lontana dai borghi
c’è la discarica delle stagioni.

Ci riserviamo le prognosi future
e le segrete stanze dell’illusione.

Rispuntano gli ologrammi.
Stasera ci fermiamo con i turisti by night.

Leggo e ripongo After Strange Gods
dopo una giornata di meteo invernale.

Qui prepariamo i bouquet
per i compleanni della famiglia.

– Signora, sono arrivati i tulipani. Glieli mando a casa
così nessuno potrà dire: per chi suona la campana! –

C’è sempre un tempo per nascere
e un tempo per morire.

A digiuno ci fermammo nella certosa
ricordando Debora e Barak.

La nostra amica americana si è sposata con la tristezza
da quando ha letto Day by Day.
*
“[…]Non lontana dai borghi
c’è la discarica delle stagioni[…]”.

e, poco più giù, nello stesso polittico, il lettore, già tramortito dalla valanga di immagini-parole-metafore cinetiche che Mario Gabriele crea e intreccia, con la maestria e la sapienza dei vecchi cestari, si imbatte in un altro distico non meno spiazzante del primo

“[…] C’è sempre un tempo per nascere
e un tempo per morire […]”

Lo spaesamento dell’uomo d’occidente è totale: le stagioni è possibile rinvenirle nella discarica e tra il “nascere” e il “morire” del secondo distico manca ciò che si verifica o che dovrebbe verificarsi tra le due polarità estreme del nascere e del morire: vivere, semplicemente vivere.

C’è tutto, anche se mai viene nominato, ciò che non riesco a dire diversamente “il dolore” dell’uomo d’Occidente nella gabbia filiforme di una Europa ipermoderna cristallizzata in quello che Zygmunt Bauman ha saputo indicare come il-tempo-di-mezzo, tra un «non più» non ancora concluso e un «non ancòra» che stenta ad albeggiare; e il poeta d’avanguardia come Mario Gabriele avverte la lacerazione tra «cosa» e «parola», lacerazione ribadita da Giorgio Linguaglossa: « Tra la parola e la cosa si apre una distanza che il tempo si incarica di ampliare e approfondire…»,

e rimangono le interferenze, le ibridizzazioni, le immagini metaforiche, gli sparpagliamenti, le dissipazioni: una entropia di linguaggi in un moto entropico perpetuo…

Per questo forse

“[…]Marisa riordinò gli arredi
lasciando al gatto Musumeci i residui di Gourmet[…]”

mentre in altra parte dello spirito d’Occidente, benché ad altre latitudini e ad altre longitudini,

“La nostra amica americana si è sposata con la tristezza
da quando ha letto Day by Day.”

Il congedo qui si è fatto definitivo dai direi tòpoi di tantissima nostra poesia, le discariche, i residui di Gourmet, il matrimonio con la tristezza della sposa americana, le foglie del bonsai prendono il posto definitivamente in un luogo poetico «altro», un luogo distante da quello delle linee-luoghi comuni fiore-sole-cuore-luna-amore…

Qui lo spaesamento dell’uomo d’Occidente convoca altri approdi, in questo Registro di bordo l’estraneazione richiede altre poetiche, un’altra estetica, una altra morale, un’altra etica, qui siamo alla «poetica della indignazione morale», alla «estetica della disperazione».

Ogni lettore «vede» in un componimento poetico ciò che egli per cultura, per vastità di letture, per frequentazioni dell’altrui poesia è in grado di vedere, basti pensare al Suonatore Jones di Edgar Lee Masters, ri-adattato alle sue esigenze musicali da De André: in quel «vortice di polvere» nel quale tutti vedevano i segni della siccità, lui soltanto, il suonatore nella/della libertà vedeva in quello stesso vortice di polvere, in quel forse mulinello di stracci, «la gonna di Jenny» in un ballo di tanti anni fa…

Ciò per suggellare, fra le tante già a più riprese messe lucidamente in evidenza da Giorgio Linguaglossa nella sua ermeneutica, una cifra che poi è un punto di forza della lunga storia poetica di Mario Gabriele:
la libertà di interpretazione dei suoi testi poetici che il poeta riconosce e lascia ai suoi lettori i quali così giocano, quasi sono invitati o chiamati a giocare lungo la direttrice autore-poesia-lettore, un ruolo non meno «creativo» di quello dello stesso autore.

E’ poesia che da Ritratto di Signora (2014) a Registro di bordo(2020), passando per L’erba di Stonehenge (2016) e In viaggio con Godot (2017), vuole un tête à tête con l’uomo cui Mario Gabriele si rivolge, una poesia che con l’uomo del nostro tempo desidera stabilire rapporti diretti, senza intermediari di nessun genere nei tre modi a noi noti della cognizione, modo analitico, modo intuitivo, modo epifanico-rivelatore, tutti e tre compresenti nella poesia di Mario Gabriele, in accordo pieno con la idea di “libro” di Brodskij: «[…]Nella storia della nostra specie, nella storia dell’ homo sapiens, il libro è un fenomeno antropologico analogo in sostanza alla invenzione della ruota».

La poesia di Mario Gabriele vuole il tête à tête poeta-uomo, rivendica il dialogo diretto autore-lettore, si muove all’interno di quella petizione linguaglossiana «per una nuova polis, per nuove leggi, per nuovi cittadini».

Su questo Giorgio Linguaglossa scrive: «La nostra proposta di una nuova ontologia implica la petizione di una nuova idea del tempo, dello spazio, della vita psichica, della vita erotica, dell’esistenza e della storia, implica la petizione di una nuova esperienza del vivere e dell’agire, qui e ora, nel tempo. Questa petizione di un ripensamento categorico dei pilastri dell’ontologia, della filosofia, dell’etica e della politica occidentali, implica e richiede un rivolgimento di tutti i nostri sensi, del nostro modo di vita […]. Una nuova ontologia poetica richiede fortemente una nuova forma di vita […]. Liberare la poesia è il primo passo per liberare e rinnovare la nostra forma-di-vita. La nostra petizione di una nuova ontologia è quindi la petizione per una nuova polis, per nuove leggi e per nuovi cittadini».

Perché?

Perché la scrittura in versi per il poeta è un possente acceleratore di coscienza, di pensiero, di comprensione dell’universo, per ricordare ancora Brodskij, e se vale per il poeta, per Mario Gabriele la scrittura in versi come catalizzatore di pensiero, coscienza e comprensione deve valere anche per il lettore, nella casa comune della poesia.
*

(gino rago)