GIORGIO LINGUAGLOSSA
(1949)
Il gioco
dell’ombra tra gli hangar. Balenano fasci di luci dai riflettori
posti
sulla sommità delle torrette blindate.
Sulla
terra battuta risuona il passo dell’oca dei soldati.
I gendarmi
giocano al gioco delle tre carte.
Gli
ufficiali puntano alla roulette: sul rosso, sul nero,
sul numero
33.
Giocano
con le bambole, giocano con le murene,
accompagnano
al pianoforte la bella Marlene
che canta
il Lied della nostalgia e della morte.
In alto,
le sette stelle dell’Orsa maggiore.
Beltegeuse
è una stella nana e Enceladon è lontana
nel
firmamento stellato.
Cogito è
in viaggio su un treno blindato
sta
scrivendo una cartolina ad Enceladon:
«Mia
amata, il mio posto è qui».
Un pittore
fiammingo dipinge la luna e una natura morta.
Un Signore
salta dalla bandella di un polittico nella stanza del pittore.
Gira per
la stanza, vuole prendere un po’ di aria fresca.
Non vuole
più dipingere Annunciazioni o Madonne col bambino.
Anteprima:
Un uomo in nero è accanto al letto di morte del poeta.
«Ospite
sgradito! La tua fama da tempo s’è sparsa»,
scrive il
poeta sul letto di morte.
Un
gendarme cammina tra gli hangar, agita il frustino
in mezzo
ad un nugolo di cani lupo. Abbaiano furiosi,
intuiscono
gli ordini dell’aguzzino dal movimento del suo polso.
Interno di
una locanda: dei balordi giocano a carte
ma la luce
della finestra non li raggiunge.
Li sfiora
e va altrove e la luna non c’è.
Benozzo
Gozzoli alla corte degli Estensi dipinge
un cardellino
sul ramo di corbezzolo
e fischia
un motivo di Mozart,
sa che non
c’è più tempo, deve affrettarsi,
il Beato
Angelico lo ha chiamato a Roma,
«Per fare
cosa?», si chiede Benozzo, «ancora affreschi,
polittici
da altare, annunciazioni?».
Il treno
carico di morti viventi è in corsa nella notte.
Inverno. È
arrivato il grande freddo. Berlino.
Il
lampionista spegne i lampioni lungo la Marketstrasse n. 7.
La polizia
segreta bussa alla porta del Signor Cogito.
«Gutentag
Herr Cogito».
da “Risposta al Signor Cogito” (inedito)
Giocavano
a dadi con i meteci
Un angelo
zoppo ci venne incontro
e disse,
senza guardarci: "malediciamo il nome di Dio."
Eravamo
incomprensibili. Stavano tutti al bar
a bere
caffè, quando, a mia insaputa, cominciai a zoppicare.
Erano
tutti zoppi gli avventori del bar e gobbi.
Avevamo la
gotta e la gobba ci spuntava dalle spalle.
A quel
tempo dall' Albero vennero i bastardi
con le
risposte pronte e gonfiarono le vele
e
gettarono le ancore.
lo fissavo
il loro occhio di vetro ...
Giocavano
a dadi con i meteci e a morra con gli iloti,
se la
spassavano con le troiane,
ma anche
quelle presero a zoppicare oscenamente.
A quel
tempo facevo l'infiltrato e la spia,
passavo
informazioni ai persiani in cambio di talleri d'oro
e poi
riferivo ai bastardi le notizie sottratte
alle
carovane di spezie e di porpora che attraversavano il deserto.
lo a quel
tempo me la spassavo nella Suburra,
tiravo con
l'arco al bersaglio e giocavo a morra con i bastardi.
Un angelo
gobbo ci venne incontro
e disse,
senza guardarci: "dimenticatevi il nome di Dio."
Per gentile concessione dell'autore