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giovedì 29 aprile 2010

POESIA RUMENA
GRIGORE VIERU
(1935-2009)


*

I morti sono
come dei bambini.
La sera devi raccoglierli
in casa.
Devi lavarli
prima di coricarli.
Devi chiuder loro gli occhi,
baciarli sulla fronte.
Devi vegliare
che non cadano
dalla culla di terra gialla.
Lasciate i morti
dormire in pace
accanto alla rosa bianca
della sorgente,
sotto un cielo di foglie
del rigoglioso albero.
I morti sono
come dei bambini
e ognuno di noi
ha i suoi morti.

Grigore Vieru
Da Poetilandia Libri
Traduzione di Olga Irimciuc, tratta dal volume Orfeo rinasce nell’amore

lunedì 26 aprile 2010

POESIA ARGENTINA
JULIO CORTAZAR
(1914-1984)


Dopo le feste


E quando tutti se ne andavano
e restavamo in due
tra bicchieri vuoti e portacenere sporchi,
com'era bello sapere che eri lì
come una corrente che ristagna,
sola con me sull'orlo della notte,
e che duravi, eri più che il tempo,
eri quella che non se ne andava
perché uno stesso cuscino
e uno stesso tepore
ci avrebbero chiamati di nuovo
a svegliare il nuovo giorno,
insieme, ridendo, spettinati.


Il bravo bambino

Non saprò slacciarmi le scarpe e lasciare che la città mi morda i piedi,
non mi ubriacherò sotto i ponti, non commetterò errori di stile.
Accetto questo destino di camicie stirate,
arrivo puntuale al cinema, cedo il posto alle signore.
Il prolungato scompiglio dei sensi non fa per me, opto
per il dentifricio e gli asciugamani. Mi vaccino.
Ma tu guarda che povero amante, incapace di entrare in una fontana
per portarti un pesciolino rosso
tra la rabbia di gendarmi e bambinaie.


Julio Cortàzar
Pubblicato da Tic (talk is cheap)
Tradotto da Danilo Manera

domenica 25 aprile 2010

POESIA CILENA
PABLO NERUDA
(1904-1973)


NEL MIO PAESE LA PRIMAVERA

Oh Cile, lungo petalo
di mare vino neve,
quando,
Oh quando, quando,
Oh quando
mi rincontrerò con te,
quando avvolgerai la tua cinta
di spuma bianca e nera alla mia vita,
quando scioglierò la mia poesia
libera sul tuo territorio!

Ci sono uomini
metà pesce, metà vento,
e altri uomini fatti d’acqua.
Io sono fatto di terra.
Vago per il mondo
ogni giorno più allegro:
ogni città mi dona una nuova vita,
il mondo sta nascendo.
Ma se piove a Lota
anche su di me cade la pioggia.
Se a Lonquimay la neve
scivola dalle foglie
la neve arriva dove sono io.
cresce in me il grano scuro di Cautin.
Un’araucaria io posseggo a Villarnica.
E’ arena a Norte Grande
E una rosa bionda a San Fernando.

Non sono un uomo solo.
Nacqui nel Sud. Dalla frontiera
portai le solitudini e il galoppo
dell’ultimo tiranno
Ma il Partito mi tolse da cavallo
e mi fece uomo, e così percorsi
gli arenili e le cordigliere
sempre amando e scoprendo.

Popolo mio, è vero che in primavera
suona il mio nome al tuo orecchio
e tu mi riconosci
come se fossi un fiume
che passi dinanzi alla tua porta?



Sono un fiume. Se stai in ascolto
lentamente presso le saline
di Antofagasta, oppure
a sud di Ozorno
o presso la cordigliera, a Melipilla,
o a Temuco, nella notte
di madide stelle e di chiassoso alloro,
posa sulla terra il tuo orecchio,
e sentirai che corro nel profondo, cantando.

Ottobre, o primavera,
al mio popolo rendimi.
che cosa farò senza poter vedere mille uomini,
mille ragazze,
che cosa farò senza poter tenere sulle spalle
una parte della speranza?
Che, cosa farò senza poter procedere
con la bandiera che, di mano in mano,
nella lunga fila della nostra lotta
alle mie mani è giunta?

Oh patria, patria
oh patria, quando
oh quando, quando, quando
mi incontrerò con te?

Lungi da te,
metà terra e metà uomo,
tuo sempre sono stato,
e un’altra volta, ecco, la primavera passa.
Ma dei tuoi fiori io mi son riempito,
la tua vittoria porto sulla fronte,
e in te vivono ancor le mie radici.

Oh quando
ritroverò la tua dura primavera,
e in mezzo a tutti i tuoi figli
passerò per i tuoi campi e le tue strade
con le mie vecchie scarpe,

oh quando
andrò con Elias Lafferte
lungo tutta la pampa dorata,
oh quando ti premerò la bocca,
a te, cilena che mi aspetti,
con le mie labbra erranti.

Oh quando
potrò entrare nella stanza del Partito
e sedermi con Pedro Fogonero,
con chi io non conosco e tuttavia
mi è più fratello che mio fratello,
oh quando
mi strapperà dal sonno un tuono verde
del tuo manto marino,
oh quando, Patria, durante le elezioni
andrò di casa in casa raccogliendo
la libertà timorosa
perché gridi nel mezzo della strada,
oh quando, Patria,
ti sposerai con me
con occhi verdemare e cappello di neve
e avremo milioni di nuovi figli
che daranno la terra agli affamati!

Oh Patria senza stracci,
oh Primavera mia,
quando,
oh quando, quando
mi sveglierò nelle tue braccia,
zuppo di mare e di rugiada,
oh quando ti sarò accanto,
ti prenderò alla vita,
nessuno potrà toccarti,
io potrò difenderti
cantando
quando
verrai con me, quando
verrò con te, quando,
oh quando!
Pablo Neruda
(Pubblicata in spagnolo sul n. 1, pag. 32 di Rinascita, senza alcuna indicazione se non una nota in calce che rimandava alla traduzione (a pag. 56, di Dario Puccini qui ripresa)

venerdì 23 aprile 2010

POESIA MESSICANA
JOSE' EMILIO PACHECO
(1939)


TERRA


La profonda Terra è
la somma dei morti.
Carne unanime
delle generazioni consumate.

Calpestiamo ossa,
avanzi e sangue secco,
invisibili ferite.

La polvere
che ci macchia il viso
è la traccia
di un crimine insaziabile.

da Non chiedermi come passa il tempo (1964-1968)



IN FIN DEI CONTI

Dov'è finito ciò che accadde
e che fine ha fatto tanta gente?

Via via che passa il tempo
ci facciamo più sconosciuti.

Degli amori non è rimasto
nemmeno un segno tra gli alberi.

E gli amici se ne vanno sempre.
Sono viaggiatori sui binari.

Anche se uno esiste per gli altri
(senza di loro è inesistente),

conta soltanto la solitudine
per dirle tutto e fare i conti.

da Fin d'allora (1975-1978)



TERRA DI NESSUNO

Sull'ignoranza a metà d'una lingua,
visto che il dominio è impossibile,
le parole dimostrano d'essere fatte
dell'essenza del mondo e della poesia.

Penso a dirti, per esempio:
"melma, fango, terra,
polvere, suolo, sporcizia,
sudiciume, oscenità,
bassezza, infamia."

Sudiciume della terra, tomba e utero.
Sacra immondizia
che impastarono piante e ossa.
Putrefazione che ci dà la vita dalla morte.

Strano chiamare "Terra" il pianeta errante
dove navighiamo sempre nelle tenebre
e alla materia dalla quale tutto viene
e alla quale tutto ritorna.

La terra desolata, la terra promessa
la terra di nessuno.


José Emilio Pacheco
da Il silenzio della luna (1985-1996)
Traduzioni di Alessio Brandolini e Perla Elias Nemer
Tratto da Fili d'aquilone

giovedì 22 aprile 2010

POESIA MESSICANA
CARMEN BOULLOSA
(1954)


*

Arrendermi? Mai!
Non mi sono mai arresa!
Non ho mai lasciato parte di me stessa!
Ho preso sempre ciò che è mio!

Non sono stata mai di nessuno.

Prendo ciò che la luce della luna illumina, tocca,
colora come mio; e mio è tutto ciò che io desidero…
quando la luna si riempie di luce
e apre uno squarcio nel cielo,
gli apre un buco, lo taglia dandogli una forma circolare…
quando la luna lo decide,
io non lo decido, io non scelgo
quando qualcosa mi appartiene

Carmen Boullosa
da: Loda Comiida, traduzione di Carlo Simonetti

venerdì 16 aprile 2010

POESIA ARABA
ISLAM SAMHAN
(1981)

Un innamorato:

Un innamorato mi ha fermato e mi ha chiesto:
A chi porti la rosa?
La tua innamorata verrà portata via
Dal bombardamento di qui a poco
Diventerà una manciata di polvere
Non rischiare la vita in nome dell’amore!
Un’innamorata mi ha fermato e mi ha detto:
L’amore mio verrà a trovarmi
Forse in un momento
Riuscirò a sistemarmi i capelli
A infilarmi nel petto una spilla
Simile a un arcobaleno
Per poi correre
Verso di lui
Credo che un giorno si alzerà con me
Al contrario del mio destino turbato dal sibilo dei razzi

Salam Samhan
A chi porti la rossa?- traduzione di Valentina Colombo, Interlinea

giovedì 15 aprile 2010

POESIA ITALIANA
MARIO LUNETTA
(1934)


Lucertola nissena

Aveva da ragazzo, una testa bruna
piena di capelli. Era magro,testardo,
e correva veloce: lucertola nissena,
arabo del deserto trapiantato in un’isola.
Forse si chiamava Mennea, prima che quello vero
venisse al mondo.

Da vecchio s’era appesantito dell’antico
scatto conservava solo l’alzata del capo, repentina,
svettante, quando partiva per una di quelle sue
marce memorabili. Tutti i suoi capelli
se li era portati via il vento di due guerre.

Capii che era arrivato al traguardo
il giorno che mi chiese di aiutarlo a salire
la scala di casa. Il ragazzo ottantottenne
tremendamente buono che m’aveva messo al mondo
per volontà o per distrazione, aveva, come
si dice, esaurito il carburante e non c’erano,
nelle vicinanze né altrove, pompe disponibili.

Ci fu uno sguardo, tra noi. Non ci furono
parole. Lui chinò la testa, come a dire”Vado”.
Sua moglie, che era stata mia madre,
era già lì ad aspettarlo
Mario Lunetta

Da:Look, Stranger -edito da Alfonso Malinconico-, Gradiva Pubblication, Stony Brook, New York,2003

martedì 13 aprile 2010

POESIA RUSSA
EVGENIJ REJN
(1935)


Estate in aprile


Aprile, precoce estate.
Su, ripieghiamo il paraorecchie nel cassetto.
Tiriamo fuori camicie, cotton wear e altre minuzie
vestiarie.
Al rombo delle auto fragorose, apriamo le finestre.
Ventiquattro gradi Celsius. Dunque, che fare?

È sempre una sorpresa. Forse che, staccando
dal gancetto
il pellicciotto, t’ aspettavi questo volgere del sole?
Sapevi, forse, che saresti vissuto fino a questo
strepito e chiasso? E comunque si ha lo stesso voglia,

di mattina, di uscire vestiti leggeri e di azzurro,
e camminare fino al metrò: solo là c’è protezione.
Chi ha visto il cambio di stagione, dirà: “Sia pure.
Fuori è estate: Pasqua e Risurrezione”.


Evgenij Rejn
Balcone e altre poesie a cura di Alessandro Niero
Prefazione di Iosif Brodskij
Edizioni Diabasis 2008
POESIA ITALIANA
PIETRO CIMATTI
(1929-1991)

*
Eravamo così vicini, un tempo,
che facevamo solo un’ombra, e tu
avevi paura, e io paura per te.
E venne ottobre e dovevi partire:
avevo paura e tu paura per me.

Non sei più tornata, i testimoni mentono,
su quel treno ti misi seduta
e io resto in piedi ad aspettare ancora.
I treni sono tanti, valigie somigliano
alla valigia di fiori che ti regalai.
Donne che scendono e corrono agli uomini
ne ho inseguite ma ho sempre sbagliato,
erano viaggiatrici sconosciute.

Quando rincaso, e sei sola, al telefono,
con l’ospite, a far musica, a far tardi,
tessendo ragnatele di esclusione,
ti dico: neanche oggi è tornata
la donna che m’era così vicina,
poi venne il treno e la misi seduta
sul velluto, come una regina,
e l’ombra mi ritorna lacerata.
Tu ridi, e io ho tanta paura per me.

*
E’ in questo giorno di giugno con fulgori
guardo al cielo grigio come a un cerebro
che pensa lampi e si consiglia pioggia,
alta sopra le querce, le torri campanarie.
Poi vorrà vento e penserà lontano
da qui, su minareti, asie,, niagara
altrove piogge, fulmini. L’azzurro
è l’innocenza che non pensa, splende

Pietro Cimatti
Almanacco dello Specchio n.5, 1976, Arnoldo Mondadori.

lunedì 12 aprile 2010

DARIO BELLEZZA
(1944-1996)


*

Non si vedrà per tutto l’inverno
il mio ragazzo venire dal lattaio
con la busta del latte da mezzo litro:
tutti penseranno che il radicato
nel mio cuore aspetta malato
che io arrivi con la busta in mano.

Non si vedrà per tutta la primavera
il suo ritorno; le lacrime invano
scivoleranno dalle mie guance:
tutti penseranno che mi ha lasciato
solo nella mia grande casa.

Non si vedrà per tutta l’estate
la sua abbronzatura cittadina,
ma al mare uguale ai più tranquilli
e solitari ragazzi lo immagineranno
silenziosamente disteso sulla sabbia.

Non si vedrà in autunno alcuno
bussare alla mia porta marroncina:
tutti mi guarderanno con tristezza
perché questa è la stagione dei morti.

Dario Bellezza

da: Invettive e licenze Garzanti, 1970

domenica 11 aprile 2010

POESIA GRECA
KRITON ATHANASULIS
(1916-1979)


Brano dal mio testamento


Non voglio che tu sia lo zimbello del mondo.
Ti lascio il sole che lasciò mio padre
a me. Le stelle brilleranno uguali, e uguali
t’indurranno le notti a dolce sonno,
il mare t’empirà di sogni. Ti lascio
il mio sorriso amareggiato: fanne scialo,
ma non tradirmi. Il mondo è povero
oggi. S’è tanto insanguinato questo mondo
ed è rimasto povero. Diventa ricco tu
guadagnando l’amore del mondo.
Ti lascio la mia lotta incompiuta
e l’arma con la canna arroventata.
Non l’appendere al muro. Il mondo ne ha bisogno.
Ti lascio il mio cordoglio. Tanta pena
vinta nelle battaglie del mio tempo.
E ricorda. Quest’ordine ti lascio.
Ricordare vuol dire non morire.
Non dire mai che sono stato indegno, che
disperazione m’ha portato avanti e son rimasto
indietro, al di qua della trincea.
Ho gridato, gridato mille e mille volte no,
ma soffiava un gran vento, e pioggia, e grandine:
hanno sepolto la mia voce. Ti lascio
la mia storia vergata con la mano
d’una qualche speranza. A te finirla.
Ti lascio i simulacri degli eroi
con le mani mozzate, ragazzi che non fecero a tempo
ad assumere austera forma d’uomo,
madri vestite di bruno, fanciulle violentate.
Ti lascio la memoria di Belsen e di Auschwitz.
Fa’ presto a farti grande. Nutri bene
il tuo gracile cuore con la carne
della pace del mondo, ragazzo, ragazzo.
Impara che milioni di fratelli innocenti
svanirono d’un tratto nelle nevi gelate
in una tomba comune e spregiata.
Si chiamano nemici: gia! i nemici dell’odio.
Ti lascio l’indirizzo della tomba
perché tu vada a leggere l’epigrafe.
Ti lascio accampamenti
d’una città con tanti prigionieri:
dicono sempre sì, ma dentro loro mugghia
l’imprigionato no dell’uomo libero.
Anch’io sono di quelli che dicono, di fuori,
il sì della necessità, ma nutro, dentro, il no.
Così è stato il mio tempo. Gira l’occhio
dolce al nostro crepuscolo amaro.
Il pane è fatto pietra, l’acqua fango,
la verità un uccello che non canta.
È questo che ti lascio. Io conquistai il coraggio
d’essere fiero. Sfòrzati di vivere.
Salta il fosso da solo e fatti libero.
Attendo nuove. È questo che ti lascio.


Kriton Athanasulis
Traduzione di Filippo Maria Pontani
Antologia della poesia greca contemporanea a cura di Filippomaria Pontani
introduzione di Maurizio De Rosa
Crocetti Editore 2004
POESIA TEDESCA
INGE MULLER
(1925-1966)


Quando ci incontrammo
In una strada laterale delle nostre vie
Sentivi paura della vita
Sentivo paura della morte
Che era vicina e vedemmo il cielo rosso
Avvolgerci soffice come una coperta di lana
E ci riscaldammo per un attimo

L’attimo
durò sette estati. Quando levammo gli occhi
Il tempo era già trascorso.


Inge Müller
Poesie per una lettera di addio
a cura di Gio Batta Bucciol
Crocetti Editore 2010
POESIA ISRAELIANA
NATHAN ZACH
(1930)

Il miele delle cinque

A quest’ora sembra tutto nuovo, tutto
sembra appassionato, immerso nel miele
delle cinque e la notte
non ha ancora acceso le sue torce,
e a New York è buio,
e sto seduto a Piazza Navona
davanti a una tazzina di caffè che si sfredda
e col cuore in tumulto traccio
qualche altro geroglifico vano:
adesso nella mia terra cala la sera
con ardenti
colori, mentre qui tutto è lento, tutto
indugia.
E cosí fu sempre e cosí sarà, e anche
questo
è già stato scritto e cancellato, come
scrisse Keats.

Nathan Zach
Traduzione di Ariel Rathaus
Sento cadere qualcosa.
Poesie scelte 1960-2008a cura di Ariel Rathaus
Giulio Einaudi Editore 2009

venerdì 9 aprile 2010

POESIA POLACCA
ADAM ZAGAJEWSKI
(1946)


Misticismo per principianti


Il giorno era mite, la luce amichevole.
Il tedesco sulla terrazza del caffè
teneva un libricino sulle ginocchia.
Sono riuscito a vedere il titolo:
Misticismo per principianti.
Subito ho capito che le rondini
pattuglie sulle strade di Montepulciano
con i loro versi striduli
e le conversazioni pacate dei viaggiatori
timidi
dell’Est, la cosiddetta Europa centrale,
e gli aironi bianchi fermi – ieri? Il giorno
prima?
– come suore in campi di riso,
e il crepuscolo, lento e metodico,
che offusca i contorni delle case
medievali,
gli olivi sulle basse colline,
lasciate al vento e agli incendi,
e la testa della Principessa sconosciuta
che ho ammirato al Louvre
e le vetrate delle chiese come ali
di farfalla
spruzzate di polline,
e il piccolo usignolo che si esercita
nella sua recita vicino all’autostrada,
e ogni viaggio, ogni tipo di viaggio,
sono solo misticismo per principianti,
il corso introduttivo, propedeutico
per un esame che è stato
rinviato.

Adam Zagajewski


Traduzione di Paola Malavasi
Poesia n. 183 Maggio 2004Adam Zagajewski /

Il cosmo e la storiaa cura di Paola Malavasi
Crocetti Editore 2004