MARIANO BAINO
(1953)
Pinocchio fuggitore
all’alba, nel levare
chiodoso delle gambe
in un odore
elettrico, che ha un filo
di preumano
(il gesto
della fruga, l’ora)
a salti di capretto. di puledro
stincoso o di felpata lepre
fughe
in nebbie, brume del fuggire
cose che t’inseguono,
a inseguirle
fuggono, vaghe anch’esse
dell’utopica
figura del fagotto, i tacchi
alzati,
via
dai troppi
padroni, troppi
cacciatori
la strada di pinocchio
tra le case
taglia, s’inoltra
nei vicoli incrociando
quartieri, s’inerpica in salita,
rampa
sugli azzurrognoli contorni della city
come in rollanti corridoi di Josef K.
surriscaldato legno di pinokkio, pianta
stremata, fruscula nel vento
strapazzone
su terrazze condominiali, cieli o terre
di nessuno, a balzi lunghi
da fare i vermi
biancheria per aria,
in asciugata
in aria dove alte
gru sorvegliano
cancellerie parcheggi assi
pedonali, in cima a un monte
d’immondizia oveggia
un uovo
Mariano Bàino
(da Pinocchio (moviole) Introduzione di Francesco Leonetti, Manni Editore, 2000)
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