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mercoledì 30 settembre 2009

ELIO FILIPPO ACCROCCA
(1923-1996)


PORTONACCIO

Portonaccio è un ponte sulla ferrovia,
è un quartiere di povera gente.
Gli uomini, da vivi lo ignorano,
da morti lo abitano.

È questo il ponte che conduce all’isola
dei prati dove muore la città
d’uomini vivi, dove vive il campo
santo dei morti tra convogli radi
al fischio delle fabbriche.
A notte i morti crescono coi tufi
che ardono alla luna.
È questo il ponte che conduce all’isola
dei morti dove vive la pietà
degli uomini che vegliano nel grigio
di queste loro case in miniatura
sepolte dentro gli orti.
A notte i treni passano sui morti
che ridono alla luna.

Ho dormito l’ultima notte
nella casa di mio padre
al quartiere proletario.
La guerra, aborto d’uomini
dementi, è passata sulla
mia casa di San Lorenzo.
Il cuore ha le sue distruzioni
come le macerie di spettri,
eppure il cuore ancora grida,
geme, dispera, ma vive
come la madonna di Raffaello
salvata tra i sassi della mia casa
e un paio di calzoni grigioverdi.

Mi si e’ seccata l’anima,
mi si son logorate le mani
a ricercare il corpo dei miei morti
sepolti senza grida.
Ho chiuso il mio tormento
su questi sassi che a me
celano segreti di morte.
Chi mi staccherà dalle macerie arse,
chi mi quieterà?
San Lorenzo ha sofferto col mio cuore
i suoi vivi e i suoi morti hanno lasciato
in me una strada aperta.

Elio Filippo Accrocca
(da Portonaccio - Questa racolta fu pubblicata nel 1949, con la prefazione di Giuseppe Ungaretti, suo professore, riconosciuta da Giorgio Barberi Squarotti come «il modello e la fonte de Le ceneri di Gramsci di Pasolini…» è la raccolta di dolorose poesie, nate nell’immediato dopoguerra, dall’introiezione dell’esperienza della morte e della distruzione)

1 commento:

Anonimo ha detto...

è bella sta poesia, rende il senso e la dignità anche del dolore, della vita