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martedì 10 maggio 2016

POESIA ITALIANA - UBALDO DEROBERTIS


UBALDO DEROBERTIS
(1942)



«La clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo
capovolta e tu con essa..
Friedrich Nietzsche: La gaia scienza
Ad immagine dell’infinito

La gravità zelante di un valletto, in ombra,
sul cono più alto, stagnante, ad ogni soprassalto.
Estraniato. Nella bonaccia. Sul palcoscenico di vetro
si illude di mandare fuori tempo il congegno.
Tempo rubato. Dilazionato.
All’improvviso si sente mancare la terra sotto i piedi,
mentre si avvicina alla gola che apre al sottomondo segreto,
non può tornare indietro, sospinto, a capofitto declina
in tante traiettorie frenetiche, sul fondo,
stilla come sangue da una stretta ferita,
scontroso, perché sa che non potrà abitare
le stesse posizioni ogni volta che la clessidra
sarà sovvertita.
Ma c’è qualcosa che lo umanizza,
che oltrepassa e trascende il tempo.
Perduto?
Ritrovato?
O un irreversibile salto verso il nulla?
E rovesciato, nell’aria, inizia un nuovo ciclo
verso un tempo nuovo di cui è arduo carpire l’intensità
di ciò che passa, o anche la tenuità,
difficile esibire immagini coerenti della nostra presenza,
scoprire un’effettiva, reale, misura interiore,
per comporre tutti questi frammenti(di sabbia)
in pensieri dicibili.
Dicci pure, Louis Borges: fu realmente di miele
l’ultima goccia attingibile della tua clessidra?
Premio di poesia Abano Terme



1 commento:

Anonimo ha detto...

Il commento è stato posto da Maria Grazia Ferraris il 19 maggio 2016 21:49 su:

http://nazariopardini.blogspot.it/2016/05/a-ubaldo-de-robertis-il-premio-della.html

Quanti volti ha l’infinito! nel divenire e nell’essere. Inquietante l’immagine del tempo –infinito- che noi ci ostiniamo a misurare a misura nostra, di piccoli uomini, con la clessidra come su un palcoscenico di vetro: Nietzsche e Borges a confronto… Illusione che il congegno che misura e ci misura si spezzi, si rompa, ci dia una via di fuga.
Il sottomondo, vasto, sconosciuto ci attira, ci invita: una via stretta per un’apertura nuova di possibilità che si sovvertiranno ogni volta,-cieli variabili, situazioni nuove, provvisorie- inevitabilmente e per sempre. Tempo perduto o ritrovato?
Omini di niente siamo, che occupano posizione di niente eppur insistentemente e freneticamente al lavoro per dare senso al tempo infinito, alla parola, al nostro consistere. L’abbandono fluente ed inarrestabile di ogni certezza e sicurezza è veramente la soluzione, la goccia di miele di conforto del nostro esistere?
Una metafora della vita e della morte, eternamente riproponentisi, un ripensamento inquieto del nostro esserci. Ad immagine dell’infinito.(Maria Grazia Ferraris )