LUCIO MAYOOR TOSI
Lui e Lei avevano due simil gatti:
Andersen e l’altro Eckersberg. Entrambi
maschi.
E castrati.
Andersen amava le camicie bianche
Eckersberg il contatto con la nudità.
“Fetente ma raffinato”, così recitava
la pubblicità.
Ma Lei aveva a cuore Andersen.
Se lo teneva in braccio o sulle spalle,
anche stando in piedi mentre cucinava:
sapori dell’India per loro e bianchi
ma finti spaghetti per Gatto Eckersberg
il nudista.
Lei stava morendo. Lo faceva ogni
giorno.
Lui se non aveva da leggere svitava
e avvitava qualsiasi cosa.
John Lennon, Miles Davis, Natasha
Thomas.
Lei quei pontili sospesi sul lago. Ma
senza nebbia
e nemmeno dragoni. Solo cose per
Andersen.
(Se la noia non vi assale, penso io
vuol dire che siete fumatori).
– Tutta l’Europa del sud è un canile.
A cominciare da Courbet. Non è vero,
Eckersberg?
Quell’Origine del mondo, appena
concepito
con furore. Quel leccarsi le dita…
Lei non rispondeva (stava morendo).
Contemplava le forme molli di un cubo
le bollicine dell’axterol, le lancette
dell’orologio sull’ora e i secondi.
– Probabilmente il sole. Disse Lei.
E non tornarono sull’argomento.
Tranne un giovedì, allorché Lei disse:
– Credo che ad Andersen farebbe bene
un piatto di trippa ogni tanto.
Il cargo dei viveri Okinawa era in
ritardo
ormai di tre settimane (sei mesi
terrestri).
Salgari sarebbe già partito in missione
con a bordo almeno tre robot
ambasciatori
di marca tedesca.
Ma era stagione di polveri.
Difficile poter comunicare, inutile
sprecare
Metafore. Si sarebbero perse nel vuoto
tra le lune. Quindi Lui e Lei si misero
d’accordo
per spedire un messaggio criptato
al sovrintendente dei beni umani,
Ork il maligno; in realtà un povero
cristo
circondato da macchine, alcune a vapore
(per via della pelle che nella stagione
delle polveri
gli si seccava. Puntualmente e
orribilmente).
“Aghi OrK”, così iniziava il messaggio
“Le bdhko di lk snmlir8jk! Andersen bd
in vgeytz!
Si dia una mossa”.
La risposta non si fece attendere:
“Mi sono informato: niente trippa sul
cargo Okinawa.
Ma posso mettervi da parte dei pomodori
irlandesi”.
E in un secondo messaggio aggiunse:
“Per il gatto ho un Mickey Mouse del
’63.
Il mio l’ha già letto. Lo so, non è
divertente”.
Le quattro linee del tramonto si stavano
fondendo
nel sogno turco di Moon light.
Lui si tolse le spalline di cristallo,
si strofinò gli occhi
e senza dire una parola volle
intrattenersi ancora un po’
con Lei, che nel frattempo aveva
terminato
di raddrizzare, così diceva, tutti i
rametti del prezzemolo.
Fecero programmi. Il letto scandinavo
ondeggiava
rumorosamente.
Vista dal giardino lenticolare, la casa
sembrava
un traforo di merletti. Ork il maligno,
come al solito
stava trasmettendo pensieri
sconclusionati.
Lo chiamava Ozio dei poveri. Oppure
a seconda del momento, solo ‘Zio.
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