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sabato 9 febbraio 2019

RIFLESSIONI SULLA POESIA





Oggi siamo di fronte ad una manovalanza estetica che immette nel mercato una poesia mercificata come pannolini da China Town. Ognuno può scrivere ciò che vuole, pensare come crede, narcotizzarsi ad ogni occasione, tentare perfino di scrivere poesie come favolette per i bambini iperpiretici per farli addormentare. Non c’è più un luogo sociale, esistenziale, storico, pluriculturale dove connettersi.

Continuare col Novecentismo linguistico è operazione di enorme spreco, che non ha mai cessato di esistere. Oggi ci troviamo di fronte ad un concerto demagogico e populistico della poesia; come fenomeno sempre più diffuso anche nelle diverse categorie generazionali.

E’ evidente che tutto questo non può che decretare la morte della poesia, incapace di albeggiare altrove. Si rischia di rimanere nella stagnazione scivolando nella sciatteria, dimenticando la progettualità considerata eversiva, proprio perché ritenuta un attacco all’establishement linguistico dimenticando che ci vuole tanto di senso autocritico del proprio lavoro.

E’ chiaro che in questi termini la critica ufficiale non può che assentarsi, uniformandosi al culto del replay. Scrive Mario Lunetta in Poesia italiana oggi, Paperbacks poeti- New Compton Editori- 1981, pag. 17 della Introduzione: che ”Bisogna operare per la professionalità che non è puro e semplice professionismo, realizzando nel massimo dell’arbitrio il massimo del rigore, operando insomma per e con una letteratura di poesia che contenga sempre al suo interno polisenso la consapevole teoria critica del proprio prodursi”.

Quali siano i frutti di un rinnovamento linguistico non si sa. Ma intanto è lecito proporli salvaguardando le aspettative di un popolo in attesa di un nuovo panorama storico e linguistico. Il lettore silenzioso, che non esprime giudizi, è un critico che si autoesclude da una dialettica oziosa e ostativa, in attesa di documenti e tempi migliori. Il Novecento ha indubbiamente il suo peso maggiore senza escludere chi si attiva con le alternanze linguistiche.

C’è una idea che ci accomuna con la nuova ontologia. Ma anche questa va proposta nei limiti della persuasione estetica, badando ad armonizzare il tutto con un impianto pluricostruttivo attraverso i sistemi collaborativi e interdisciplinari.

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Erika colleziona black days.
Non manda lettere agli amici.

Conserva le parole del signor Wilson
 come fossero marenghi d’oro.

-Va bene anche così-disse Charlotte,
conoscendo le incrinature di Erika.

In questo luogo e in questa casa
siamo rimasti abbastanza con l’ipnotico ideale.

Clelia si era seduta sul sofà
per seguire l’occhiolino della luna.

Vedrai che anche quest’anno verranno i Re Magi
senza lasciare  nulla nelle favelas.

Siamo  qui a percorrere le strade di ieri.
C’è chi gioca con l’Oblio.

Tu non balli, non prendi un Dufour, non pensi
al clima di Santo Domingo  e di Rio Chavòn.

L’uomo seduto sulla panchina
scambiò la cicuta per un Black Magic.

Non è che mi dispiaccia molto, ma anche i Fustemberg
non hanno gradito L’opera da tre soldi musicata da Kurt Weil.

Papà Modian ha rinunciato ai corsi della terza età
per un habitat ad Arquà Petrarca.

Mitos riconsidera  tutto d’accapo:
la luce, il buio, “la vita liquida” di Bauman.

Un bulldozer rimosse le ossa verniciate di bianco.
Ci fu chi cercò il killer ad Alexanderplatz.

La sera ha un gran da fare
nel chiudere le finestre nel cielo.

Signorina Klipster si accomodi qui,sono Sigmund,
lei sa quanti morti si porta dietro Godot?



1 commento:

Anonimo ha detto...

Ottima riflessione sulla poesia odierna e passata.Se non ci togliamo dalla mente certi ristagni linguistici e culturali, allora è bene tornare a leggere Parronchi, Bertolucci, Sinisgalli, Luzi, Sereni. Gatto ecc., almeno loro la poesia la sapevano fare. (Carlo Gualtieri)