Riportiamo un testo poetico di Krzysztof Karasek pubblicato
su L’Ombra delle parole del 14 marzo 2018, tradotto da Paolo Statuti, con un
pregevole commento critico di Antonio Sagredo dalle ampie aperture oggettive,
anche in rapporto al altre tematiche di
autori come Gottfried Benn, e di
pittori come Gauguin.
Dalla lettera di Bertolt Brecht al figlio.
Quando la parola sangue è assente in un verso?
La parola sangue è assente in un verso quando il sangue
è sospeso in aria, quando diventa pioggia. Quando le vene
non lo reggono più nell’ardente involucro del corpo e lo
mettono in libertà e nel futuro.
La parola sangue è assente, quando il vero sangue si
riversa sulle strade, allora malvolentieri si parla di
sangue,
la parola sangue scompare dalle enciclopedie e dai
dizionari,
i manuali diventano più pallidi, i giornali si ammalano
di
anemia, le pagine di storia scompaiono in circostanze
misteriose, la sintassi diventa oggetto di scherni;
la parola sangue diventa antiestetica, non risponde alle
necessità delle convenzioni e delle poetiche, del lessico
e della sintassi, non risponde alle “reali” esigenze
della
lingua, mentre l’uomo qualunque non distingue più un
fiore
da una ferita da sparo (si dice allora: i papaveri sono
fioriti
nel tempo sbagliato – poiché è inverno – oppure:
il succo di pomodoro si è sparso sulla spiaggia di una
città
litorale – perché finisce l’estate, e le acque del golfo
si sono tinte di rosso).
La parola sangue è assente, quando coloro che hanno fatto
versare il sangue, non parlano più di prezzo, ma soltanto
dei profitti ottenuti grazie a questo sangue.
Impara a seguire il seme del sangue nelle pagine dei
manuali
di storia e di grammatica, nelle fessure tra le frasi di
un verso
irregolare, nelle fessure tra le parole. Impara a leggere
dalla
sua presenza e assenza le impronte delle ruote della
storia.
Lo schianto delle ossa spezzate e il grido della frase
torturata,
che si è iniettata di sangue.
(1982)
COMMENTO DI ANTONIO SAGREDO
Nella poesia tutta di Krzysztof Karasek la presenza di erbari e di bestiari è
frequente. Non certo il bestiario che
allude al gladiatore romano che combatteva contro le bestie feroci o allo schiavo che le teneva in custodia. E
se si dovesse stabilire una analogia con questi due ultimi significati allora
bisogna riferirsi ai versi di Dalla lettera di Bertolt Brecht al figlio,
siccome versi che grondano sangue umano-urbano
a tutto spiano dalle periferie ai centri di tutte le metropoli del
mondo, e dunque bestiario umanoide, ma non umano! E se nei suoi versi invece di
sangue si dice succo di pomodoro, come non pensare al succo di mirtillo del
poeta russo Aleksandr Blok.
Oppure riferirsi ai
versi di Agli animali piace la guerra, dove uccelli, cavalli, una volpe, una
talpa, una puzzola, un lupo, non certo impagliati, invece incappati sui cavalli
di Frisia dei campi di battaglia si straziano per le ossa frantumate e sono
straziati dalle sanguinanti ferite, insomma un mattatoio a cielo aperto! E qui
il poeta si sofferma a descriverci le terribili condizioni fisiche di ciascuna
bestia e nella descrizione pare
compiacersi, ma di mala voglia, alla maniera di Gottfried Benn -, quando questo
poeta della anatomia espressionista, ci descrive di corpi umani stavolta
orribilmente amputati, trasformando i grandi tedeschi, poeti e filosofi, in
fantocci impazziti e superbi che sguazzano in un rosso, che non sai se sangue o
altro intruglio.
Ma nei versi di E se essere un cavallo la presenza di una
rosa sembra lenire le visioni crudemente fratte di una natura innaturata – ma è
una rosa ponsò non la rosa comune e
banale, che profuma e ci concilia l’anima
qualche volto col corpo una rosa ponsò che sa di essenza di cimice se
dobbiamo dar retta quanto è scritto in un antico libro del 700, che la
rosa ponsò (rosa eglanteria Linneo)
esala un odore di cimice. I suoi fiori non raddopppiano intieramente; ha questa
una varietà a fiori gialli. Questo arbusto si alza ai 12 in 15 piedi.
E allora il giallo-cavallo di Gauguin e il fulvo-cavallo
dell’Apocalissi si mescolano con la
cimice e il suo odore (dobbiamo immaginarlo soltanto?) puzzolento e purulento
da non essere più distinti nemmeno dall’odore della vodka e non hanno se non
valore effimero gli occhi degli oggetti anch’essi confusi dall’orrido
mescolamento, tanto che il poeta alla fine non può che esclamare. Ciò si chiama
vivere non nel proprio corpo.
Inumanesimo raggiunto in pieno!
Questa condizione di un
vivere mescolato ma non assurdo più e non più distinto, che più non
sappiamo se umana o di bestia, il poeta
lo ha visto da bambino, e la disumanità successiva alla guerra ne ha
completato, amputandolo, di una visione
armonica, eppure il poeta dice : gioia!, fino alla fine dello spasimo, come
nella raccolta del 2015, La gioiosa conoscenza.
Bestiario, si, ma di creature che hanno smarrito la propria
nobiltà, e si hanno: grilli, leopardi, farfalle con tre ali! api, pesci, gatti, insetti, salamandre,
lombrichi, grilli, sembrano farci dimenticare tutti gli autori, le località che
il poeta cita per farci scordare di essere umani, e non il contrario!.
Il poeta vive l’illusione di un ritorno di un qualsiasi
Rimbaud: un profeta amputato dai colori e dai suoni!
Non risulta difficile nei versi Dalla vita
degli insetti di Krzysztof Karasek trovare un esatto riferimento alla
celebre trilogia naturalistica del poeta e scrittore belga Maurice Maeterlinck,
dedicata ai così detti insetti sociali : La vita
delle api (1901), La vita delle termiti (1926), La vita delle formiche (1930);
piace pensare, a me o a noi, che questi tre saggi siano il libro di cui recita:
Quando ero piccolo
andavo in biblioteca
e al libro restituito strappavo
lultima pagina
per lasciare spazio alla fantasia
di un lettore sconosciuto.
In questi tre stupendi studi naturalistici sugli insetti,
nel comportamento di questi: ora meraviglioso, ora colmo delle più disparate
crudeltà allo stato puro, ritroviamo il nostro comportamento che ostinatamente
diciamo umano dando valenza univocamente positiva, ma non sappiamo ancora oggi
dire se inumano, disumano o altro di terrifico
certo le
guerre, dopo specie lultima, sono testimonianza di quanto di umano ci sia
restato poco, se non nulla!
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