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domenica 25 aprile 2010

POESIA CILENA
PABLO NERUDA
(1904-1973)


NEL MIO PAESE LA PRIMAVERA

Oh Cile, lungo petalo
di mare vino neve,
quando,
Oh quando, quando,
Oh quando
mi rincontrerò con te,
quando avvolgerai la tua cinta
di spuma bianca e nera alla mia vita,
quando scioglierò la mia poesia
libera sul tuo territorio!

Ci sono uomini
metà pesce, metà vento,
e altri uomini fatti d’acqua.
Io sono fatto di terra.
Vago per il mondo
ogni giorno più allegro:
ogni città mi dona una nuova vita,
il mondo sta nascendo.
Ma se piove a Lota
anche su di me cade la pioggia.
Se a Lonquimay la neve
scivola dalle foglie
la neve arriva dove sono io.
cresce in me il grano scuro di Cautin.
Un’araucaria io posseggo a Villarnica.
E’ arena a Norte Grande
E una rosa bionda a San Fernando.

Non sono un uomo solo.
Nacqui nel Sud. Dalla frontiera
portai le solitudini e il galoppo
dell’ultimo tiranno
Ma il Partito mi tolse da cavallo
e mi fece uomo, e così percorsi
gli arenili e le cordigliere
sempre amando e scoprendo.

Popolo mio, è vero che in primavera
suona il mio nome al tuo orecchio
e tu mi riconosci
come se fossi un fiume
che passi dinanzi alla tua porta?



Sono un fiume. Se stai in ascolto
lentamente presso le saline
di Antofagasta, oppure
a sud di Ozorno
o presso la cordigliera, a Melipilla,
o a Temuco, nella notte
di madide stelle e di chiassoso alloro,
posa sulla terra il tuo orecchio,
e sentirai che corro nel profondo, cantando.

Ottobre, o primavera,
al mio popolo rendimi.
che cosa farò senza poter vedere mille uomini,
mille ragazze,
che cosa farò senza poter tenere sulle spalle
una parte della speranza?
Che, cosa farò senza poter procedere
con la bandiera che, di mano in mano,
nella lunga fila della nostra lotta
alle mie mani è giunta?

Oh patria, patria
oh patria, quando
oh quando, quando, quando
mi incontrerò con te?

Lungi da te,
metà terra e metà uomo,
tuo sempre sono stato,
e un’altra volta, ecco, la primavera passa.
Ma dei tuoi fiori io mi son riempito,
la tua vittoria porto sulla fronte,
e in te vivono ancor le mie radici.

Oh quando
ritroverò la tua dura primavera,
e in mezzo a tutti i tuoi figli
passerò per i tuoi campi e le tue strade
con le mie vecchie scarpe,

oh quando
andrò con Elias Lafferte
lungo tutta la pampa dorata,
oh quando ti premerò la bocca,
a te, cilena che mi aspetti,
con le mie labbra erranti.

Oh quando
potrò entrare nella stanza del Partito
e sedermi con Pedro Fogonero,
con chi io non conosco e tuttavia
mi è più fratello che mio fratello,
oh quando
mi strapperà dal sonno un tuono verde
del tuo manto marino,
oh quando, Patria, durante le elezioni
andrò di casa in casa raccogliendo
la libertà timorosa
perché gridi nel mezzo della strada,
oh quando, Patria,
ti sposerai con me
con occhi verdemare e cappello di neve
e avremo milioni di nuovi figli
che daranno la terra agli affamati!

Oh Patria senza stracci,
oh Primavera mia,
quando,
oh quando, quando
mi sveglierò nelle tue braccia,
zuppo di mare e di rugiada,
oh quando ti sarò accanto,
ti prenderò alla vita,
nessuno potrà toccarti,
io potrò difenderti
cantando
quando
verrai con me, quando
verrò con te, quando,
oh quando!
Pablo Neruda
(Pubblicata in spagnolo sul n. 1, pag. 32 di Rinascita, senza alcuna indicazione se non una nota in calce che rimandava alla traduzione (a pag. 56, di Dario Puccini qui ripresa)

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